Insieme per salvare il collezionismo

Insieme per salvare il collezionismo

In Italia una proposta di legge potrebbe diventare un capestro per i collezionisti. E allora una petizione ne chiede la modifica. Di Domitilla D’Angelo

È la prima volta che le più importanti realtà della filatelia uniscono le forze per lanciare una petizione. Fra queste, oltre a Bolaffi, Accademia italiana di filatelia e storia postale, Associazione nazionale professionisti filatelici, Federazione fra le società filateliche italiane, Istituto di studi storici postali “Aldo Cecchi” e Unione stampa filatelica italiana. Tramite la piattaforma Change.org chiedono al Senato di modificare il disegno di legge 882 che, se approvato in maniera definitiva, comporterà gravi ripercussioni non solo sul mondo della filatelia, ma più in generale sull’intero comparto collezionistico. L’iniziativa, che si intitola Salviamo il collezionismo!, preannuncia «tempi duri per i collezionisti, se il testo, già approvato dalla Camera dei deputati ed ora all’esame del Senato, venisse approvato così com’è». Denominato Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale, si pone come giusto obiettivo bloccare i traffici di reperti archeologici e antichità. La stessa legge introduce però anche il titolo VIII-bis, Dei delitti contro il patrimonio culturale, che tratta di furto, ricettazione, riciclaggio, falsificazione in scrittura privata, violazioni in materia di alienazione, importazione ed esportazione illecite, distruzione e devastazione, traffico illecito, confisca di beni culturali, prevedendo procedimenti penali anche per oggetti di scarso valore. La criticità della legge consiste infatti soprattutto nella vaghezza di quali beni culturali ricadano in tali norme. Questa aleatorietà implica che quasi ogni oggetto, «dal mobiletto della nonna alle lettere dei soldati della Prima guerra mondiale, dal dipinto di un minore dell’Ottocento al diario scolastico di un ragazzo, dall’auto d’epoca alla fotografia», possa essere considerato un bene culturale. Basta che abbia almeno settant’anni per rientrare nella casistica, e ogni dodici mesi la stessa mannaia scatterebbe per una molteplicità di altre cose, magari detenute da tempo immemore in famiglia o frutto di un’appassionata raccolta», si legge nel testo della petizione, che finora (a fine febbraio) ha raccolto tremila firme (anche in forma cartacea). I firmatari, pertanto, chiedono che il Senato modifichi il testo uscito dalla Camera indicando chiaramente quali oggetti intende subordinare alla normativa, evitando interpretazioni della norma». Per tutti i collezionisti l’invito è andare sul sito, sottoscrivere la richiesta e divulgarla tramite social network e media.

La dichiarazione
Filippo Bolaffi, ad di Bolaffi, società che è recentemente entrata nel capitale di due importanti realtà internazionali – le storiche case d’asta Harmers of London, in Inghilterra, e Soler y Llach, in Spagna – commenta: «Questa legge ammazzerà il collezionismo. Farà passare la voglia di commerciare e di collezionare. Io non contesto la logica di fondo della legge, anzi. Ha ragione il comandante dei carabinieri quando dice che occorrono pene severe contro chi commercia illegalmente pezzi di archeologia o traffica reperti dal Medio Oriente. Ma la legge, così com’è scritta, lascia troppo nel vago il concetto di bene culturale. Tutto resta indefinito. E allora fioccheranno i processi, che significano multe, inibizioni al commercio, e persino l’arresto… Poi, all’esito dei tre anni di giudizio, arriveranno le assoluzioni. Ma intanto chi restituisce la reputazione? e i soldi per affrontare i processi? Chi spenderà per qualcosa che può trasformarsi in una grana penale? Ai miei occhi è evidente che nessuno comprerà più nulla». E aggiunge provocatoriamente:« Se le cose resteranno così, io lascio l’Italia. Porto la società in Gran Bretagna, dove ho appena fondato una succursale. Mi pare che a Londra sappiano ancora che cosa è la presunzione di innocenza, a differenza dell’Italia».

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