Questione di priorità

di Filippo Bolaffi

A mio parere, “tirare la giacchetta” a ministri e sottosegretari, presidenti e amministratori delegati di grandi società è doveroso a fronte di problematiche degne dello standing della controparte. È invece futile e velleitario disturbare i “poteri forti ”senza argomenti altrettanto forti. Anche perché la posta in gioco è la perdita di credibilità.

Nel luglio 2014 il sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli era insediato da pochi mesi quando un’interrogazione parlamentare a risposta scritta – verosimilmente imbeccata al parlamentare di turno da qualche “solone filatelico” – lo invitava ad assumere misure urgenti per promuovere il francobollo come strumento di cultura; imporre la distribuzione di ogni emissione in tutti gli uffici postali; definire la programmazione filatelica con un anno di anticipo; modificare la composizione della Consulta filatelica; far ripensare la distribuzione degli sportelli filatelici sul territorio. Era estate. A fine settembre, invece, da parte del presidente della Federazione fra le società filateliche sono stati chiamati a occuparsi con urgenza della distribuzione dei francobolli negli uffici postali il presidente e l’amministratore delegato di Poste italiane, Luisa Todini e Francesco Caio, alla guida di Poste da soli cinque mesi. Poi è stata la volta delle lettere a Giacomelli inviate in successione – 22 aprile, 9 giugno, 18 luglio 2015 – dai presidenti di commercianti, collezionisti e giornalisti filatelici: all’indice, le “suppletive”, il proliferare di francobolli a soggetto religioso, la rinuncia al bilinguismo negli esemplari per l’Alto Adige, la mancata convocazione della Consulta. E non è finita: il 23 luglio di quest’anno nuova interrogazione parlamentare per Giacomelli (cf. p. 39). «E chissene importa!» avrebbe potuto pensare chi sulla scrivania aveva “bazzecole” da sbrigare come l’appalto per la banda larga… Cinque giorni dopo però è arrivata la sua risposta all’interrogazione dell’anno prima con cui il sottosegretario – o chi per lui – forniva le spiegazioni richieste, ma (ovviamente) in tono formalmente ministeriale: «Le carte-valori postali sono una manifestazione di sovranità nazionale […]. Spetta al ministero dello Sviluppo economico il compito eminentemente politico di interpretare il sentimento della comunità nazionale […] disponendo in via esclusiva e discrezionale circa il programma di emissione […]. Lo scopo precipuo del francobollo è di rappresentare una affrancatura per l’accesso al servizio postale universale […] a prescindere dal mercato del collezionismo». Quanto alla Consulta, «essa non ha alcun potere né decisionale né di indirizzo».

Difficile ipotizzare l’apertura di un positivo canale di comunicazione “punzecchiando” chi sul tavolo da lavoro si trova problemi complessi, anche se la quotazione in Borsa a qualcuno può sembrare meno urgente della diffusione delle nuove emissioni all’ufficio postale di Caronno Pertusella.

Io penso che le modalità adottate siano state velleitarie, appunto. È velleitario chiedere di aumentare le tirature di francobolli quando il numero di utenti è in calo. È velleitario ritenere che una società a un passo dalla quotazione in Borsa impegni risorse in un settore destinato a essere sorpassato dai tempi. È velleitario pensare che il ministero dello Sviluppo economico consideri urgente l’adozione di misure per proteggere il mercato filatelico. Il francobollo è uno splendido oggetto da collezione, ma bisogna fare i conti con la realtà. E la realtà dice che o si disturbano i “poteri forti” per proporre qualche idea politicamente o economicamente vantaggiosa, oppure meglio tacere. Il francobollo è destinato a scomparire dall’uso quotidiano. È solo questione di tempo. Non per questo cesserà di essere uno splendido oggetto da collezione. Quanto alle idee per valorizzarlo, parliamone solo se si hanno proposte serie, guardando magari ad amministrazioni postali straniere – Gran Bretagna e Stati Uniti in primis – dove, con un numero di emissioni limitato, soggetti dai contenuti popolari e grafica moderna, sanno fare della filatelia ancora un ottimo veicolo di comunicazione e una buona fonte di business. Temi che sia la politica, sia le grandi società che vanno in Borsa sicuramente non ritengono velleitari.

 

P.S. Sono convinto che il collezionismo e il commercio di francobolli cambieranno. Questa prospettiva può spaventare, ma credo che potrà solo nobilitare il nostro mestiere. Già nel 2009 Umberto Eco fa scriveva sull’Espresso: «I ragazzi scriveranno sempre più al computer e al telefonino. Tuttavia l’umanità ha imparato a ritrovare come esercizio sportivo e piacere estetico quello che la civiltà ha eliminato come necessità. Non ci si deve più spostare a cavallo ma si va al maneggio; esistono gli aerei ma moltissime persone si dedicano alla vela come un fenicio di tremila anni fa; ci sono i trafori e le ferrovie ma la gente prova piacere a scarpinare per passi alpini; anche nell’era delle e-mail c’è chi fa raccolta di francobolli; si va in guerra col kalashnikov ma si fanno pacifici tornei di scherma»

 

Commenti