“Machissenefrega!”

“Machissenefrega!”

Traendo spunto dalle iniziative del Mimit e del governo, personali riflessioni sulla necessità di un concreto e radicale cambiamento.

Di Giulio Filippo Bolaffi

Questo numero apre con la notizia di due attività istituzionali che hanno suscitato clamore tra gli addetti ai lavori in ambito filatelico. Mi riferisco alla consultazione online lanciata dal Mimit e al cosiddetto “articolo 11 bis”, un passaggio della legge n. 87 del 3 luglio 2023 riguardo l’utilizzo commerciale delle immagini dei francobolli.

Le discussioni innescate da queste due novità hanno notevolmente animato la pausa estiva dei filatelisti, ma nella mia mente è affiorato il ricordo del fantozziano “machissenefrega!”. Le iniziative dimostrano infatti che all’interno del governo qualcuno sta davvero pensando di cambiare lo stato delle cose in ambito postal-filatelico: e questo sarebbe finalmente un elemento positivo. Ma non è pensabile credere che una cura rivitalizzante per la filatelia italiana possa derivare dalle ricadute di queste due iniziative, le cui conseguenze non potrebbero incidere in modo radicale sulla situazione attuale.

Immaginando irrealisticamente che il collezionismo di francobolli in Italia sia impermeabile a quanto accade nel resto del mondo, vorrei invitare i due soggetti che conducono il gioco a riflettere: l’emittente (Mimit) deve definire il ruolo da attribuire al francobollo nell’attuale contesto storico. Ma deve anche valutare se il suo distributore universale – Poste italiane – a cui la contromarca filatelica non occorre più per testimoniare il pagamento della tariffa postale, voglia essere della partita come distributore o con un altro ruolo (da commerciante?), oppure preferisca tirarsene fuori. Una volta deciso se il francobollo debba ancora esistere e con quale ruolo, il Mimit dovrebbe poi forse interrogarsi sul perché qualcuno oggi ancora compra francobolli, dal momento che per l’uso originario, quello postale, sono ormai del tutto superflui.

A mio parere sarebbe utile condurre uno studio su chi oggi acquista ancora le nuove emissioni, e ancor più su chi acquista quelle del passato, emesse quando ancora i francobolli assolvevano a una funzione postale. Queste analisi potrebbero intercettare elementi utili per avviare strategie capaci di attrarre persone simili, che manifestano propensioni collezionistiche, ma che non sono ancora coinvolte nella passione filatelica.

Per guardare al futuro, sarebbe poi importante cercare di capire cosa potrebbe accomunare queste persone alle nuove generazioni, così da riuscire ad affascinarle con un francobollo, magari facendo leva sulle stesse motivazioni, ma attraendole con una modalità comunicativa diversa. Oggi è imprescindibile considerare la velocità con cui le informazioni passano (e si dimenticano); d’altra parte, difficilmente si fanno acquisti voluttuari senza una speranza di rivalutazione economica, come sempre è stato per la filatelia. Penso, per esempio, agli anni Sessanta, quelli del boom della filatelia e della relativa speculazione che, sebbene abbia anche lasciato molte persone con il cerino in mano, innegabilmente ne ha avvicinate moltissime alla filatelia.

Per questo autunno 2023, il mio invito al Mimit e, di riflesso, a Poste italiane, è quindi di evitare di soffermarsi su consultazioni circoscritte o dettagli burocratici, e di fare invece riflessioni macro. Se, come si dice, la speranza è sempre l’ultima a morire, confido che presto qualcuno prenda consapevolezza del fatto che bisogna cambiare davvero radicalmente lo stato delle cose. Con questa speranza lascio ai lettori un po’ di ottimismo e auguro una buona lettura.

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