Lettera morta

Lettera morta

di Gianfranco Fina |

Erwin Panowsky diceva che una pittura può sempre essere letta a due livelli diversi: il primo, “iconografico”  racconta semplicemente l’immagine raffigurata. Ad esempio un dipinto che rappresenta una famiglia composta da un papà un po’ anziano, una mamma giovane e un sano e vivace bambino è semplicemente un ritratto di famiglia in cui gli orgogliosi genitori presentano agli astanti il frutto del loro amore. Il secondo livello, “iconologico”, implica la conoscenza di una storia che il dipinto sottintende. Così da oltre duemila anni quella” famigliola è Sacra per eccellenza e il paffuto pargoletto è Gesù. E tutti noi storici, critici e appassionati d’arte ci spremiamo le meningi per capire cosa il pittore volesse dire al di là dell’immagine così magistralmente raffigurata. Quella mano alzata che significa? E lo sguardo triste? E il cocomero rappresentato in un angolo? Diamo fondo a tutte le nostre conoscenze, bibliche, mitologiche, filosofiche, scientifiche per spiegare che il cocomero indica la passione oppure la sfericità dell’universo. Lo sguardo triste è perché l’autore era ammalato di fegato oppure il personaggio rappresentato sapeva di aver tradito la fiducia del suo Signore? La mano alzata indicava la fine della vita oppure semplicemente l’artista non sapeva fare le mani a riposo? E allora per una volta, guardando questa natura morta di Peter Claesz (1598-1651), dimentichiamoci la classica risposta erudita: vanitas, la vanità delle cose, cioè l’ineluttabilità della morte. L’artista stava semplicemente cercando di riprodurre alcuni oggetti che aveva trovato nel “baule della nonna” e accostato artisticamente: una “maschera di carnevale”, un orologio rotto, un candeliere con mozzico di candela, poggiati a fianco di una noce aperta, ma che conservava il gheriglio dentro, il fiore che aveva raccolto poco prima, una penna e una lettera aperta indirizzata ad Harlem (la città di residenza dell’artista all’epoca del dipinto), con il sigillo in ceralacca rotto e con una croce sanguigna, che postalmente indicava che il porto era stato pagato dal mittente, ma che attribuiva quel tocco in più di lettera morta…

Quanto vale: se intesa a livello iconologico 500mila euro, a livello iconografico anche.

P. Claesz vanità natura morta

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