Amore della scrittura. Scrittura d'amore.

Amore della scrittura. Scrittura d’amore.

di Gianfranco Fina

L’immagine di una  ragazza, giovane e graziosa, con la penna accostata alle labbra e lo sguardo perso nel vuoto fa pensare all’amore. Sta ricordando con nostalgia un momento del passato o forse pregusta un incontro ancora da vivere? Sta per scrivere un componimento poetico, una pagina di ricordi romantici o una frase  maliziosa per fissare un appuntamento galante? Nulla è nuovo sotto il sole, dicevano gli antichi, e il ripetersi di emozioni sempre uguali ma uniche per chi le vive, è anche la storia dell’umanità.

donna-che-scrive-webL’ignoto frescante pompeiano che nel I secolo d.C. ha lasciato – nell’intonaco e nell’eternità – l’immagine di questa ignota fanciulla non immaginava di esprimere un brano di autentica poesia figurativa, sulla quale si sono interrogati storici e critici. Alcuni l’hanno identificata in Saffo, la poetessa lirica nativa di Lesbo, vissuta fra VII e VI secolo a.C.; altri invece ipotizzano possa essere Sulpicia, figlia dell’oratore Servio Sulpicio Rufo, donna colta e aristocratica che istituì un circolo letterario frequentato anche da Tibullo e Ovidio, l’unica poetessa dell’antichità romana di cui si siano conservati componimenti. Chiunque fosse, il suo suggestivo ritratto, proveniente dai quartieri occidentali di Pompei, per secoli è stato sepolto dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.; ritrovato, restaurato, è ora conservato nel Museo archeologico di Napoli.

Da duemila anni tutti i più grandi artisti hanno cercato di rappresentare l’amore attraverso lo sguardo di una donna, ma pochi hanno saputo cogliere l’emozione che emana dallo sguardo di questa ignota fanciulla. Fanciulla comunque speciale, perché molto benestante – lo testimoniano gli orecchini, l’anello e l’elegantissima reticella in oro tra i capelli – ma soprattutto colta, perché in grado di leggere e scrivere. Con la scrittura, anzi, dimostra di avere notevole dimestichezza: tiene fra le dita uno stilus e una tavoletta lignea (veniva incerata, incisa e, quando il supporto si esauriva, veniva rigenerata immergendola di nuovo nella cera). Lo stesso ritratto in chiave moderna cambierebbe in un dettaglio: il tablet anziché la tavoletta.

Quanto vale. Incommensurabile e fuori mercato il valore del dipinto conservato nel museo di Napoli. Per dare un’idea della sua stima, nel 2000 una piccola figura romana del II-III sec d.C., facente parte di un affresco più grande, è stata venduta all’asta per 60mila euro; un ritratto simile a questo per qualità e stato di conservazione potrebbe valere circa 150mila euro. La combinazione di tavoletta romana e stilus (quasi introvabili) invece vale non meno di qualche decina di migliaia di euro.

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