Osservatorio astronomico di Padova

Dati tecnici

Data emissione: 21 marzo; ricorrenza: 250° anniversario; tipologia: Le eccellenze del sapere; valore facciale: € 0,95; tiratura: 600mila; composizione del foglio: 28 esemplari; dentellatura: 11 con fustellatura; bozzettista: Gaetano Ieluzzo; tipo di stampa: rotocalcografia su carta autoadesiva; soggetto: l’osservatorio, posto nella parte più antica del castello medievale di Padova e, sullo sfondo, la nebulosa del Granchio; bollettino a firma di Massimo Turatto, Simone Zaggia e Valeria Zanini, rispettivamente direttore, astronomo e curatrice del Museo La Specola; annullo speciale: sportello filatelico dell’ufficio postale di Padova centro. Catalogo Bolaffi n. 3880

La pagella di Franco Filanci

Voto 10

Da guardare bene. Certo che un luogo non solo storico ma anche suggestivo aiuta non poco, ma l’essenzialità dell’immagine – solo la Specola e la nebulosa del Granchio – e l’impaginazione semplice e intelligente (che riprende le precedenti, sempre di Ieluzzo, per gli osservatori di Brera e Capodimonte) sono la vera chiave di una comunicazione comprensibile e immediata.

 

Sul francobollo

La torre astronomica di Padova. Di Claudio Baccarin

Se avete puntato la lente sul francobollo dedicato all’Osservatorio astronomico di Padova e vi state chiedendo cosa mai significhi quella frase tra virgolette pandit ad astra viam, che appare a destra della Nebulosa del Granchio, ora siete in buone mani. Prima di tutto dovete fare la conoscenza con l’abate Giuseppe Toaldo, vicentino, che nel 1767 era arciprete di Montegalda. Toaldo, pur avendo condotto severi studi nel seminario di Padova, era irresistibilmente attratto dalla matematica e dalla ricerca scientifica, tanto da essere titolare della cattedra di Astronomia e meteore all’Università. Fu sua l’idea di trasformare in Osservatorio astronomico l’antica fortezza di Ezzelino III da Romano, all’interno del castello dei Carraresi. Il progetto venne materialmente eseguito, in dieci anni,  dal 1767 al 1777, dall’architetto Domenico Cerato. Tornando alla frase misteriosa, è solo un pezzo dell’iscrizione voluta da Toaldo sulla lapide all’ingresso della Torre: Quae quondas infernas turris ducebat ad umbras / nunc Venetum auspici pandit ad astra viam (‘Quella che un tempo conduceva alle ombra infernali della torre, ora per auspicio dei Veneti porta alle vie degli astri’).

Se poi qualcuno vi ha raccontato che Galileo Galilei ha fatto le sue ricerche affacciandosi da quella torre, ora sapete che è falsissimo: il genio trascorse infatti i «migliori anni della sua vita» a Padova dal 1592 al 1610. Ovvero un secolo e mezzo prima della pensata di Toaldo.

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