Il ruolo del postino oggi

Non chiamatelo postino

In Ucraina gli operatori postali sono tra i primi a tornare nei territori liberati, in Francia si prendono cura degli anziani. E in Italia? Sono quasi invisibili.

Di Margherita Criscuolo

Tv on demand, shopping online, ebook e podcast, smart working, criptovalute, intelligenza artificiale, metaverso: il futuro, in realtà già il presente, sta andando verso la spersonalizzazione e dematerializzazione dei servizi, in nome di un maggiore efficientamento delle performance, a scapito del contatto fisico con le altre persone. Chi avrebbe immaginato supermercati senza commessi e cassieri, locali in cui i cocktail vengono preparati e serviti da robot e addirittura taxi volanti? Il futuro profetizzato da futurologi o disegnato da registi visionari e autori di romanzi distopici è qui.
Neanche le amministrazioni postali sono esenti da questa evoluzione: ieri erano le affrancature meccaniche, oggi sono le TP-Label e gli anonimi timbri dei Centri di meccanizzazione invece di quelli parlanti delle città di partenza, domani chissà.

Quello delle poste è un universo in bilico tra modernizzazione e valori tradizionali, in cui il rapporto umano, un tempo molto importante, si sta sempre più indebolendo. Emblematico di questo cambiamento è il ruolo del postino che, specialmente nei piccoli paesi, rappresentava il contatto umano con una delle più importanti amministrazioni dello Stato; per trent’anni faceva sempre lo stesso giro per consegnare la corrispondenza agli abitanti, con cui aveva un rapporto di reciproca fiducia e soprattutto di conoscenza, che gli valeva la mancia a Natale quando distribuiva il tradizionale “Calendario del portalettere”. Da qualche anno i postini vengono impiegati a rotazione, anche per ragioni di sicurezza, e anziché suonare «sempre due volte», come scriveva James Cain, spesso non suonano affatto, limitandosi a lasciare l’avviso della raccomandata nella buca. Incontrarli non è cosa di tutti i giorni e quando si incontrano non si (ri)conoscono.

Eppure il postino è da secoli una figura familiare a tutti. E, in alcune aree, oggi lo è anche di più. Per esempio in Ucraina postini e postali hanno avuto fin dall’inizio dell’invasione russa un ruolo strategico. Nei territori liberati, subito dopo soldati e artificieri, è infatti il personale di Ukrposhta a portare servizi di prossimità, come racconta l’articolo Postali e postini in prima linea (pp. 6-7). E, se è vero che «il postino è il volto dello Stato», come lo definisce il direttore di Ukrposhta Igor Smelyansky, è anche vero che in quelle circostanze è soprattutto un volto umano e generoso. Nei territori liberati l’operatore postale acquisisce infatti un ruolo sociale di riferimento per la ritrovata comunità, soprattutto per gli anziani.

Proprio pensando agli anziani, analogamente la Francia – dove è allo studio una discussa rimodulazione dei turni dei postini – sta sperimentando il programma “Veiller sur mes parents” (‘Sorvegliare i miei genitori’), che affida al portalettere il compito di mantenere i legami sociali con le persone fragili o isolate. Come racconta il flash La Poste engagée (pag. 16), fa visite a casa, si occupa del loro stato di salute, va in banca o in farmacia, aiuta a risolvere piccoli problemi domestici.

Questi postini così vicini alle persone fanno venire in mente Joseph Roulin, il portalettere di Vincent Van Gogh che, durante il suo soggiorno ad Arles, in Provenza, in lui trovò amicizia e conforto, tanto da ritrarlo più volte. Uniforme blu e gialla, cappello con la visiera con la scritta Postes, sguardo schietto, mani da lavoratore, barba folta… Nelle lettere al fratello Theo, il pittore olandese ne parla con affetto: «Pur non essendo abbastanza anziano per essere come un padre, mi trasmette una silenziosa serietà e dolcezza, come un vecchio soldato a un giovane».
E non ci sarà forse mai robot così efficiente da sostituire questi postini dal volto umano.

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