Cartolina postale Chavez

Geo Chávez e l’eroico volo sopra le alpi

Era il 23 settembre 1910 quando il pilota franco-peruviano, per primo, trasvolò le Alpi, ma si schiantò sul traguardo. Cartoline postali e francobolli commemorativi ricordano l’epica impresa

di Elena Ghigo

Jorge Antonio Chávez Dartnell, conosciuto come Geo Chávez, è uno dei grandi miti del secolo scorso. Di origine peruviana, parigino di adozione, ricco, giovane e bello, fa della nascente aviazione la sua passione e la sua ragione di vita. Nel clima entusiasticamente positivo che circonda le imprese dei primi aviatori negli anni che precedono la prima guerra mondiale, si impone tra i grandi protagonisti della scena mondiale.

Allora gli aerei erano trabiccoli saltellanti, che solo da poco tempo riuscivano a staccarsi da terra per più di qualche centinaio di metri e le virate richiedevano grandi sforzi: il raggio di curvatura era amplissimo e si agiva sugli alettoni grazie a tiranti impugnati dalla carlinga, a forza di braccia.

Nell’estate del 1910 – sono da poco cent’anni – il segretario generale del Touring club italiano nonché fondatore della Società italiana di aviazione, Arturo Mercanti, appoggiato dal Corriere della Sera e dai più bei nomi dell’aristocrazia e dell’imprenditoria lombarda, lanciò la sfida internazionale per realizzare un sogno: il passaggio delle montagne da parte di una macchina «più pesante dell’aria». Geo Chávez fu il primo a iscriversi, una spericolata compagnia gli andò dietro, suscitando scalpore mediatico, esaltando l’immaginario delle folle che seguivano le performance dei pionieri aviatori.

Saluto della folla al passaggio del velivolo di Chavez

Il saluto festante della folla al passaggio del velivolo di Chavez, nell’immagine di Achille Beltrame sulla copertina della Domenica del Corriere del 2-9 ottobre 1910

Sono gli anni della Belle Epoque, i primi balzi dei fratelli Wilbur e Orville Wright risalgono al 1903, ma il primo volo omologato da una giuria è francese, di Alberto Santos Dumont, nel novembre del 1906: 226 metri di lunghezza, l’aereo resta staccato dal suolo per 21 secondi a un’altezza di 15 metri. La trasvolata oceanica di Charles Lindbergh, coordinata fondamentale per quei tempi pionieristici, è ancora lontana: bisognerà aspettare altri diciassette anni.

Il 23 settembre 1910 Chavez rimane solo; gli altri desistono, intimiditi dalle avverse condizioni meteo. Sale sul suo Blériot XI per cercare – come diceva lui – «l’ascensore per scalare il cielo». Per 45 minuti Chávez lotta nelle correnti di alta quota, poche centinaia di metri sopra roccioni, forre e foreste, scavalcando paesini dove la gente accorre a salutarlo, nei prati, dai balconi, sui campanili.

Lo sforzo organizzativo intorno all’impresa è enorme. Si vara un tempestivo servizio di osservazione meteorologica, di comunicazione telefonica e telegrafica, e di assistenza meccanica. I parroci issano bandiere bianche sui campanili per indicare il percorso; i contadini accendono fuochi con paglia pressata in modo per indicare la direzione e la forza del vento; i medici condotti dei paesi lungo il tracciato garantiscono la propria reperibilità; i volontari, precursori del moderno soccorso alpino, presidiano i punti più impervi per garantire interventi d’emergenza.

Una partecipazione corale per un solo individuo, ma l’impresa è titanica: trasvolare le Alpi lungo il percorso Briga-Sempione-Domodossola. L’impressionante spaccatura tra le montagne che appare dal «campo di slancio» di Briga, nella quale Geo Chávez è andato a infilarsi rimanendo quasi in balia di gole e vortici di vento, rende l’esatta misura del suo coraggio e della sua temerarietà.

L’aereo viene seguito passo passo da giornalisti di tutto il mondo. La traversata di Chávez è narrata ai lettori del Corriere della Sera da Luigi Barzini: pagine memorabili, raccolte, già nei primi mesi del 1911, nel volumetto Il volo che valicò le Alpi.

Cartolina postale Chavez

Cartolina postale inviata da Domodossola a Lugano il 21 settembre 1912 ma approntata il 22 settembre 1910

Mentre Chávez prende quota, verso il Sempione, accanto alla mole imponente del Monte Leone, Barzini corre con l’auto verso il passo. Appena in tempo per vedere spuntare, dietro le pareti di roccia, l’aereo: «Si profila altissimo. Pare che rasenti le rocce con la punta dell’ala destra. Dietro a lui scintillano i ghiacciai. Di sotto si spalanca un abisso di mille metri. È immerso nella luce, leggero e etereo. Passa a circa trecento metri dalla vetta… i gendarmi piangono mormorando teutonicamente: Mon Tieu, Mon Tieu…».

La sfida è vinta: le Alpi sono state varcate in volo. Poco dopo, la tragedia: Chávez precipita, a dieci metri dal suolo. Tirato fuori dai rottami è vivo e cosciente, ma quattro giorni dopo muore. Barzini, allora, si chiede: «Di che cosa sta morendo Chavez? Non ha febbre, non ha congestione, non ha infezioni. Dov’è il male che lo uccide? La scienza non sa dirlo. Vi sono emozioni oltre le quali non si vive più». «Geo non aveva ferite mortali, era – scrive, oggi, Ferruccio De Bortoli nell’introduzione al libro di Luciano Martini, Geo Chávez. Il primo trasvolatore delle Alpi (Tararà) – un ragazzo robusto, giovane, allenato come un atleta. Invece muore, non sappiamo esattamente perché». Il mistero rimane, cent’anni dopo. E noi sappiamo solo che come Antoine de Saint-Exupéry, come il Barone Rosso e come Francesco Baracca, appena uscito dalle sue amate nuvole, Geo è entrato nella leggenda.

 

Chavez dentellato

chavez francobollo svizzero chavez frncobollo peruLa città di Domodossola, dove il suo velivolo si schiantò, ha dedicato al coraggioso pilota un piccolo museo, visitabile su richiesta. Per tramandare il ricordo del pioniere e del suo sogno, l’aeroporto di Lima, in Perù, inaugurato nel 1960, porta il suo nome, e a lui era intitolato il Boeing 747 I-DEMU utilizzato da Alitalia tra il 1971 e il 1981.

Anche i francobolli hanno celebrato la sua impresa: sebbene l’album italiano a oggi non ricordi il pilota peruviano, nel 1985 la sua patria, il Perù, e quest’anno, in occasione del centenario dell’aviazione elvetica e della trasvolata, la Svizzera, lo hanno celebrato con due esemplari.

La vignetta peruviana ritrae in primo piano le Alpi e il Blériot XI in volo e, sullo sfondo, il volto sorridente dell’aviatore; quella elvetica propone un’immagine di Chavez e del suo apparecchio in volo sopra il Sempione, con l’itinerario di volo sullo sfondo.

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