Francesco Giuseppe e i primi francobolli italiani

Asburgici i primi francobolli italiani

160 anni fa nascevano i francobolli del Lombardo-Veneto, primi emessi nella Penisola, erano l’espressione dell’autorità austriaca

di Francesco Rismondo

Corsi e ricorsi della storia: se all’inizio dell’Ottocento la potenza egemone in Europa era stata la Francia, guidata da Napoleone, la sua stella si era spenta a Waterloo. La Gran Bretagna e l’Austria, guidata dalla dinastia degli Asburgo, fra il 1814 e il 1815 a Vienna ridisegnarono la carta d’Europa a loro piacimento. La penisola italiana fu nuovamente divisa in molti staterelli, la maggior parte dei quali sotto il controllo indiretto dell’Austria, dominatrice dell’Europa centrale e dell’Adriatico. Che, come dominio diretto, riservò a sé i territori più ricchi e prosperi, già avviati a una precoce industrializzazione. E cioè la Lombardia, che già le era appartenuta prima di Napoleone, e il Veneto, già nucleo centrale della Repubblica di Venezia che ora non esisteva più. Le due regioni erano unite in un’unica entità politica, il Regno lombardo-veneto, dotato di una qualche formale autonomia ma di fatto parte integrante dell’impero d’Austria come tutti gli altri territori. Il re era l’imperatore d’Austria; le capitali Milano e Venezia; la moneta aveva un altro nome ma era equivalente a quella circolante nel resto d’impero. Era però l’unica parte dell’impero che godesse di questo particolare status (altri territori italiani, come Trentino, Trieste, Istria, Dalmazia non ne facevano parte), che avrebbe prodotto interessanti risvolti al momento dell’emissione dei primi francobolli.

Qualche tempo dopo successe un “quarantotto”: in quell’anno fatidico le fiamme della rivolta divamparono in varie parti d’Europa. Milano cacciò gli austriaci con le sue epiche Cinque giornate; Venezia si eresse a repubblica indipendente. Passato il primo momento di smarrimento, la dura reazione militare austriaca non tardò, e la stretta della presa si fece sentire ancora più forte nella pianura padano-veneta. All’inizio della seconda parte dell’Ottocento, quindi, l’oppressione politica, culturale, militare degli Asburgo in Lombardo-Veneto era più forte che mai. Ma erano anche tempi di sviluppo sociale ed economico: le industrie tessile, manifatturiera, agricola e marittima prosperavano, i commerci si espandevano, le relazioni s’intrecciavano. I tempi erano maturi per una radicale riforma del servizio postale, che in Austria era rimasto ancorato a sistemi quasi settecenteschi.

L’esempio cui riferirsi veniva dalla Gran Bretagna, che nel maggio 1840 (5.2010 pp. 18-26) aveva radicalmente mutato il proprio sistema, portandolo all’avanguardia in Europa grazie ad alcune grandi innovazioni: una tassa mite e uniforme, pagata da tutti in anticipo, segnalata dal francobollo. Innovazione che ormai si stava diffondendo nel mondo più civile: nel 1843 era arrivata in Svizzera nel cantone di Zurigo e in Brasile, nel 1845 nel cantone svizzero di Basilea, nel 1846 negli Stati Uniti d’America, nel 1847 nella colonia inglese di Mauritius, nel 1848 in Francia, nel 1849 in Belgio.

Era veramente il momento, e nel 1849 l’Austria e gli altri paesi tedeschi (Prussia, Baviera e i numerosi stati e staterelli della Germania non ancora unita) iniziarono a studiare la riforma e la possibile introduzione dei francobolli; formarono la Lega postale austro-germanica per armonizzare e migliorare i propri scambi postali. Tra le varie clausole, la lega prevedeva anche l’introduzione delle «marche postali», cioè dei francobolli. La Baviera batté sul tempo l’Austria, emettendo i propri primi francobolli già nel 1849, ma nello stesso anno anche l’impero aveva iniziato gli studi per i propri. Il compito fu affidato all’ispettore postale Johann Herz che, entusiasta, aveva caldeggiato l’emissione dei francobolli dopo un viaggio di studio in Gran Bretagna, Francia e Belgio. La lega aveva adottato la riforma solo parzialmente, continuando a mantenere tariffe differenziate secondo le distanze: per questo motivo erano necessari vari valori. I francobolli che Herz aveva visto sino a quel momento erano solo quelli britannici, francesi e belgi, e in tutti campeggiava, come simbolo dello stato, il busto del sovrano o di una figura allegorica: sarebbe quindi stato logico che anche in quelli austriaci apparisse il volto del Kaiser, l’imperatore Francesco Giuseppe. Ma pare che ci fossero perplessità sul far deturpare la sua effigie dal bollo annullatore, per cui si preferì utilizzare lo stemma dell’impero, l’aquila bicipite.

Prima emissione Lombardo-Veneto

I 5 valori della prima emissione del Lombardo-Veneto

 

In Austria

Tra ripensamenti, saggi e lunghe e meditate scelte tecniche, la serie, composta da cinque valori, vide la luce il 1° giugno 1850. Si trattava dei francobolli, con valori in kreuzer, da 1, giallo; 2, nero; 3, rosso; 6, marrone e 9, azzurro. Kreuzer, in italiano ‘carantani’, era la moneta base dell’impero: 60 kreuzer formavano un gulden, cioè un fiorino.

Erano stampati in grandi fogli divisi in quattro gruppi separati da interspazi, e ogni gruppo era formato da otto file da otto francobolli. Per comodità di conto, non vennero stampati gli ultimi quattro francobolli in basso a destra, sostituiti da altrettante croci: in questo modo ogni gruppo (l’unità-base con cui erano distribuiti agli uffici) era formato da sessanta (e non da sessantaquattro) francobolli, e valeva quindi esattamente 1, o 2, o 3, o 6 o 9 gulden.

 

In Lombardo-Veneto

E in Lombardo-Veneto? Il regno era inglobato nell’impero ma godeva di una certa autonomia amministrativa: in particolare, circolava una moneta diversa, cioè la lira austriaca di 100 centesimi (una lira austriaca valeva circa il 20 per cento in meno di quella piemontese): 5 centesimi equivalevano a 1 carantano austriaco. Quando furono emessi i francobolli in Austria, si decise perciò di realizzare (unico caso nell’impero) una serie separata per il Lombardo-Veneto, identica in tutto a quella austriaca, con la sola indicazione del valore cambiata: centesimi anziché kreuzer. Seguendo il cambio e il parallelismo, si ebbero perciò il 5 centesimi giallo, il 10 centesimi nero, il 15 centesimi rosso, il 30 centesimi marrone e il 45 centesimi azzurro.

Questi francobolli, nati lo stesso giorno dei gemelli austriaci, il 1° giugno 1850 (era un sabato) furono i primi emessi in un territorio della penisola italiana, e anche i primi realizzati congiuntamente con i gemelli austriaci: una “emissione congiunta” ante litteram.

 

Identikit tecnico

Diverse e interessanti le particolarità tecniche. Per gli esemplari del Lombardo-Veneto furono usati gli stessi impianti di quelli austriaci, cambiando solo il tassello del valore: perciò anche nei valori italiani la scritta superiore rimase in tedesco: KKPost-StempelKK erano le iniziali di kaiserlich-königlich, cioè ‘imperial-regia’ (Francesco Giuseppe era infatti sia re sia imperatore) – significava ‘vignette postali imperial-regie’. Questo nome rimase limitato alle vignette, ma la dizione adottata nell’uso parlato e anche in quello ufficiale in tedescofu Briefmarken, cioè ‘marche per lettere’, e in italiano bolli franchi o francobolli.

Lo stemma era il medesimo, contornato da foglie d’alloro, di palma e di quercia (ciascuna aveva un preciso significato araldico) e sormontato dalla corona imperial-regia.

Prima emissione francobolli lombardo veneto su busta

Tutti insieme: i 5 valori della prima emissione sull’unica busta nota, detta Verolanova

L’indicazione del valore fu abbreviata in centes. perché la parola centesimi sarebbe stata troppo lunga. Anche se la moneta era centesimale, anche i valori italiani furono stampati – non poteva essere altrimenti, avendo utilizzato i medesimi impianti dei gemelli – in gruppi da sessanta, e quindi con quattro croci negli ultimi posti, che i collezionisti chiamano croci di sant’Andrea. Queste croci venivano spesso gettate; a volte – erano gommate – venivano usate come chiudilettera; in rarissimi casi venivano lasciate attaccate al francobollo e utilizzate per l’affrancatura, creando così eccezionali documenti filatelici. Non erano dentellati, anche se per i valori austriaci già nel 1852 furono realizzate prove di dentellatura, poi non impiegata. La carta utilizzata era parzialmente filigranata: solo al centro del foglio completo campeggiavano, in grandi dimensioni e in corsivo, le lettere KKHM, cioè Kaiserlich-königliches Handels-Ministerium (Imperiale regio ministero del commercio). Rimasero in uso sino al novembre 1858, quando furono sostituiti da una nuova emissione del tutto diversa: dentellata, riportava il volto dell’imperatore e una nuova unità monetaria.

 

I primi falsi postali 

Un altro primato tocca questi francobolli: furono i primi italiani falsificati. Nel 1853, infatti, un tal Gaetano Alberti, di Verona, stampò qualche migliaio di esemplari falsi del 15 e del 30 centesimi. Non riuscì a farla franca: scoperto, scontò due anni di carcere, mentre miglior fortuna toccò al mai individuato collega milanese che, tra il 1857 e il 1858, produsse falsi da 15, 30 e 45 centesimi.

15 centesimi falso di Milano

Falso postale: lettera affrancata con un 15 centesimi “falso di Milano” e un 30 centesimi originale. Alla verifica la frode postale fu scoperta e la lettera sequestrata

Francobolli di grande fascino per il largo uso, la durata nel tempo, la diffusione internazionale, sono sempre stati molto apprezzati e collezionati dai filatelisti, che li hanno studiati a fondo sin dall’Ottocento: gli specialisti distinguono vari tipi di carta, nonché vari tipi e sottotipi di ciascun valore, che si differenziano per varie minute particolarità. La “bibbia” dei collezionisti di Lombardo-Veneto è il catalogo Ferchenbauer dei francobolli classici austriaci, dal cognome dell’autore, noto specialista austriaco e presidente del circolo filatelico Vindobona di Vienna, uno dei più antichi del mondo. Si tratta di un manuale catalogo altamente specializzato, in lingua tedesca, che non esce annualmente: l’ultima edizione è del 2008.

 

Grandi collezionisti italiani 

Tra i maggiori collezionisti di Lombardo-Veneto vi sono stati molti italiani: vista l’area geografica d’uso, infatti, i connazionali considerano il Lombardo-Veneto appartenente all’area italiana, mentre gli austriaci lo inglobano nella loro; la ragione sta da entrambe le parti. Si tratta di una situazione abbastanza comune per le emissioni d’occupazione, ma rara per i normali francobolli del tempo di pace in uso per molti anni.

Senza pretese di completezza, fra i grandi collezionisti della prima emissione del Lombardo-Veneto l’industriale petrolifero Achille Rivolta, che seguì le orme filateliche del padre Leopoldo, che oltre a essere un importante filatelista nel 1919 aveva anche fondato il Corriere filatelico, la più importante rivista filatelica dell’epoca. Leopoldo Rivolta era specializzato in Lombardo-Veneto dal 1905, e aveva iniziato in modo curioso: nel 1896, durante gli studi di ingegneria, aveva donato alcune lettere trovate nell’archivio di famiglia a un suo insegnante, il professor Castelfranco, che curava un collezione di Lombardo-Veneto e probabilmente aveva iniziato alla filatelia anche il suo allievo. Quando il professore morì, gli eredi decisero di vendere la collezione; Leopoldo Rivolta non volle che le sue lettere si disperdessero e riacquistò ciò che aveva regalato. Scomparve prematuramente nel 1925 e il testimone fu preso dal figlio diciasettenne, il quale sviluppò la collezione paterna, incentrata su tutte le emissioni del Lombardo-Veneto con particolare attenzione agli annulli. Con la sua collezione ottenne numerosi allori, a partire dall’oro raggiunto all’esposizione internazionale di Vienna Wipa 33, fino al gran premio nazionale Wipa 65. Malato, negli anni settanta vendette i francobolli, mentre la sezione dedicata agli annulli, nota come Collezione R3 (dal massimo grado di rarità assegnato agli annulli lombardo-veneti), venne dispersa in due tornate delle aste Bolaffi Ambassador nel 1997 e nel 1998.

Fra i grandi anche Gianluigi Bertoncini, imprenditore nel settore delle candele, collezionista amabile e competente, che scomparve prematuramente negli anni Settanta, e Pietro Provera, impresario edile, che studiò i francobolli della prima emissione del Lombardo-Veneto con particolare attenzione, affermandosi come specialista di questi francobolli (e dei gemelli austriaci). Dal 1962 al 1972 pubblicò i risultati delle sue ricerche in una lunga serie di articoli intitolati I classici di Austria e di Lombardo-Veneto sulla rivista Filatelia. Mise poi in vendita la sua collezione; i pezzi che ne facevano parte sono riconoscibili da un “pinetto” verde che il proprietario apponeva con un piccolo timbro su tutti i suoi pezzi.

Anche Giuseppe Farina, industriale petrolifero vicentino, mise insieme un’importante collezione ed è stato probabilmente il personaggio più noto al grande pubblico, perché presidente del Milan negli anni Ottanta.

Emil Capellaro, ingegnere edile italiano ma nato e vissuto in Germania, mise insieme un’importante collezione iniziata nel 1921, quando era bambino in collegio dalle suore (che gli passavano la posta dalle loro Missioni d’oltremare) e proseguita sino all’alba del terzo millennio, anch’essa contenente materiale di Lombardo-Veneto e della parallela emissione austriaca. Vinse il gran premio internazionale a Italia 76 e quello nazionale a Wipa 81, mentre a Wipa 2000 espose la sua collezione in corte d’onore. È mancato nel 2007, e la sua collezione è stata dispersa in alcune aste Bolaffi Ambassador, che hanno fruttato cospicui realizzi.

Oggi in Italia vi sono diverse collezioni importanti di Lombardo-Veneto. Fra queste, sono state esposte recentemente – ottenendo i massimi allori – la collezione di Maurizio Stella, dedicata al 15 centesimi (oro grande in diverse esposizioni internazionali) e quella di Ottavio Masi, che all’ultima esposizione internazionale di Vienna, Wipa 2008, ha meritatamente ottenuto il gran premio dell’esposizione. Ricca d’importantissime gemme fra cui la celeberrima busta Verolanova, l’unica contenente l’intera prima serie di Lombardo-Veneto, si è allargata alla prima emissione (prima era dedicata solo a quelle successive) dopo un incontro fra il proprietario e Alberto Bolaffi. Come ha spiegato Ottavio Masi in un’intervista (10.08 p. 21): «diversi anni fa Alberto Bolaffi mi disse: “ingegnere, la sua collezione è magnifica; mi fa pensare di essere entrato in uno splendido parco, lussureggiante, pieno di fiori, di animali esotici. Il visitatore si addentra e passeggia ammirato, ma alla fine si chiede: dov’è il castello? Vede, manca il castello”. Io gli chiesi: “Scusi, ma qual è il castello?” e lui rispose: “È la prima emissione, naturalmente”. Io fui molto colpito, direi roso, da queste parole; vi pensai per diversi giorni e notti, infine mi decisi: avrei allargato la collezione anche alla prima emissione».

Commenti