La posta vola alta sul nemico

La posta vola alta sul nemico

Il 23 settembre del 1870 anni fa si levava in volo sopra Parigi il primo pallone aerostatico (ballon monté) carico di corrispondenza. Altri 66 sarebbero seguiti. Per la Francia e il mondo era l’inizio di una nuova era postale

Inverno 1870-1871. Parigi è stretta dal freddo. E dall’assedio dei prussiani. I canali di comunicazione con il resto del paese sono interrotti, ma i parigini non desistono e le inventano tutte. Hanno provato ad affidare i propri messaggi legandoli al collare di cani, ma gli assedianti li hanno catturati. Li hanno inseriti all’interno di sfere di zinco e consegnati alla corrente della Senna, ma i prussiani hanno inserito grate lungo il corso del fiume, intercettandoli. Non rimane che il cielo, sorvolando dall’alto le linee nemiche. Non rimangono che i ballon montés.

Neptune

Le Neptune al momento del decollo in una fotografia di Nadar

 

Si “volava” già dal Cinquecento

L’idea di trasportare messaggi via aria non era nuova. Già nel XVI secolo alcune lettere mercantili italiane recavano l’indicazione manoscritta volando per suggerire la necessità di un trasporto della corrispondenza nel più breve tempo possibile, ma fu solo agli ultimi due decenni del Settecento che si assistette, complice la fortunata invenzione dei fratelli Montgolfier, alle prime ascese di persone nell’atmosfera  Dal francese Jean François Pilâtre de Rozier – del quale si conserva un resoconto autografo, inviato alla regina d’Inghilterra, del suo primo volo in pallone – all’americano John Jeffries – che lanciò una lettera dal pallone nel cielo su Londra – furono numerosi gli aeronauti che incantarono e terrorizzarono le folle con le loro imprese aeree. Uno di loro, il lucchese Vincenzo Lunardi, nel 1785 precipitò durante un’ascensione sopra Newcastle, addirittura uccidendo uno spettatore; i messaggi di scuse lanciati dal pioniere italiano durante un volo successivo costituiscono probabilmente il primo esempio al mondo di messaggio aereo.

Durante l’Ottocento, grazie al progresso tecnologico, si realizzarono e si progettarono imprese di più ampio respiro, dai volantini gettati su Milano e Venezia nel corso della prima guerra di indipendenza italiana, ai tentativi, oltreoceano, di John Wise e Thaddeus Lowe; il primo, nel 1858, trasportò sul pallone Jupiter centoventitré lettere, che costituiscono il primo inoltro di posta aerea regolarmente affrancato di cui esista testimonianza; il secondo pianificò invece, due anni più tardi, la traversata dell’Atlantico con il Great Eastern senza però riuscire nell’intento a causa di un incendio dell’aeronave.

Facendo esperienza di tutti questi tentativi isolati, frutto della temerarietà e dell’intraprendenza di individui singoli, i tempi erano maturi per nuovi e più grandi traguardi. Come sempre accade, fu la necessità a dettare i tempi.

 

La premessa dei ballon montés: la guerra franco-prussiana

In Europa il 19 luglio 1870 segnò l’inizio della guerra franco-prussiana. Per i francesi la situazione degenerò rapidamente, tanto che il 1° settembre la battaglia di Sedan sancì la schiacciante superiorità delle armate di Guglielmo I e il definitivo tramonto di Napoleone III. In seguito alla débâcle francese, i prussiani, guidati sul campo dal generale Helmuth von Moltke, avanzarono rapidamente verso una Parigi incredula per la sconfitta e in preda a violenti disordini civili. Alla fine di settembre la città era cinta d’assedio. I tentativi di spezzare l’accerchiamento si rivelarono velleitari e inefficaci, tanto che alla fine di gennaio 1871 i francesi furono costretti alla resa e firmarono l’armistizio con il Kaiser.

È dunque con l’assedio di Parigi, isolata dal resto del paese, che la Francia, con l’ausilio di palloni aerostatici di grandi dimensioni, definiti montés perché avevano un equipaggio a bordo, organizzò, prima nazione al mondo, un vero e proprio servizio di posta aerea.

La corrispondenza partiva dalla capitale a bordo dei ballons montés che oltrepassavano le truppe nemiche, mentre le lettere provenienti dal resto della Francia venivano a loro volta, dopo vani tentativi di rientro con lo stesso sistema, inoltrate ai parigini sempre per via aerea ma tramite piccioni viaggiatori recanti messaggi fotografati e rimpiccioliti.

 

Il bilancio: 66 voli e 10 tonnellate di posta smistati

Fino al 28 gennaio 1871 (giorno dell’armistizio finale), per quattro mesi, furono sessantasei i palloni a levarsi in volo, con alterne fortune, sul cielo della capitale, trasportando ciascuno da una manciata di lettere a diverse centinaia di chili di corrispondenza, per un totale stimato di circa 10 mila chili.

A questi va aggiunto un pallone libero senza nome e senza equipaggio, che proprio per questo motivo fu battezzato Non dénomné, decollato il 30 settembre da Boulevard d’Italie e abbattuto dai prussiani presso Avray dopo un viaggio di soli 15 chilometri.

Altri cinque ballons con posta e dispacci furono catturati, e una ventina atterrarono nella zona occupata dal nemico. Due, il Jacquard e il Richard Wallace, si persero nell’oceano.

La maggior parte dei voli si concluse però felicemente con il regolare inoltro della corrispondenza in seguito all’atterraggio  avvenuto in alcuni casi, per il capriccio dei venti e delle condizioni meteorologiche, in località straniere anche parecchio distanti da Parigi.

 

Il primo, Le Neptune

Il primo pallone a lasciare Parigi fu Le Neptune, alzatosi in volo il 23 settembre 1870 da Place Saint Pierre a Montmartre alle ore 8 del mattino. La partenza, accompagnata dalle speranze e dallo stupore di tutta la cittadinanza, fu immortalata da uno scatto del fotografo Nadar, anch’egli appassionato aérostier. A bordo si trovavano l’aeronauta Jules Duruof, e un sacco postale contenente giornali, dispacci e lettere private. Il Neptune atterrò nei pressi di Evreux dopo un volo di cento chilometri.

 

Il Ville d’Orléans, il più lontano

I centro chilometri percorsi dal Neptune impallidiscono al confronto con il viaggio compiuto dal Ville d’Orléans. Il trentatreesimo pallone decollò da Parigi il 24 novembre e atterrò il giorno successivo a Lifjeld, sulle coste della Norvegia, dopo un volo di 1246 chilometri in direzione nord-est.

Ville d'Orléans

 

Steenackers, il più veloce e il più alto

Un lungo percorso lo compì anche lo Steenackers: decollato il 16 gennaio 1871, atterrò a Huynd in Olanda, dopo un volo di oltre 500 chilometri. Privo di posta e carico solamente di due casse di dinamite, fece segnare due record fra i ballons: il primato di velocità – oltre 70 chilometri orari – e di altitudine, oltre 5000 metri di quota.

 

General Ulrich, il primo di notte

Il nome voleva essere di buon auspicio: il generale Jean Jacques Alexis Uhrich era stato lo strenuo difensore della città di Strasburgo, assediata e capitolata dopo un intenso bombardamento il 27 settembre 1870, sempre nel corso della guerra franco-prussiana. Per molti francesi Ulrich aveva fatto il possibile e forse anche l’impossibile, era un eroe. Il suo nome fu quindi attribuito al primo aerostato che, dopo la cattura del Galiléè, del Non dénommé 3 e del Daguerre, il 18 novembre fu fatto decollare di notte. Alle 23.15 si levò dalla Gare du Nord, con 80 chili di corrispondenza. Non deluse le attese: il 24 atterrò a Luzarches, a 36 chilometri di distanza.

 

Bolli e francobolli

Le lettere e i giornali che hanno viaggiato a bordo dei ballons sono normalmente affrancati con esemplari del periodo e recano in gran parte l’indicazione manoscritta Par ballon monté. In piena crisi bellica, la raccolta della posta non seguiva pienamente il corso tradizionale: dopo essere stata raggruppata, veniva consegnata dai preposti agli aeronauti, anche se in casi sporadici fu affidata direttamente agli aeronauti che erano tenuti ad apporre, per lo più al verso, il timbro del loro raggruppamento con l’indicazione aérostiers o aéronautes.

Trattandosi di un appalto e non di un regolare servizio, i timbri aérostiers e aéronautes non venivano apposti sui francobolli.


La lettera “massonica”

Un unico caso è conosciuto in cui l’annullo “aeronautico” è apposto direttamente sul francobollo, evidentemente per mancanza di spazio sulla lettera. Si tratta della cosiddetta busta Triangolare Rollier, missiva viaggiata a bordo del Ville d’Orléans, la cui anomala geometria triangolare è dovuta probabilmente all’appartenenza a una loggia massonica da parte del mittente.

Busta triangolare Rollier

I giornali dell’assedio

Anche l’informazione giornalistica si avvaleva dei palloni. Fra le pubblicazioni – e il titolo non era casuale – anche il Montgolfier, sottotitolato il «giornale dell’assedio»; costava 10 centesimi e il numero uno apparve il 15 novembre. In formato di lettera, era la cronaca degli avvenimenti della capitale. Da Parigi le copie venivano spedite a bordo dei palloni, verso il resto del paese e all’estero (anche in Italia). Durante l’assedio anche La Chronique illustrée dovette ricorrere a un formato speciale, una «edition pour Ballon-poste ne pésant que deux grammes», come precisava l’indicazione sopra la testata.

 

Ai Montgolfier per pallone

Ironia della sorte: quando nel 1783 il primo pallone si librò in aria, gli inventori del volo aerostatico Joseph ed Ètienne Montgolfier non potevano supporre che un secolo dopo la loro invenzione sarebbe servita per recapitare la corrispondenza fra la fabbrica Montgolfier a Parigi, diretta ormai dai loro discendenti, e la sede principale di Annonay. Invece – lo dimostra la lettera Montgolfier trasportata il 30 settembre a bordo del Céleste – le cose andarono così.

 

L’ultimo, il Général Cambronne

Spettò al Général Cambronne, carico di 20 chili di posta, levarsi in volo per ultimo, il 28 gennaio 1871, a poche ore dalla firma dell’armistizio e dal cessate il fuoco. L’assedio, terribile, era durato quattro mesi e aveva piegato la capitale.

 

Verso i quattro punti cardinali

Nei loro voli i palloni trasportavano notizie di natura privata, ma anche lettere commerciali o legali. Vi si leggono le apprensioni di un marito per la famiglia, le tristi riflessioni di una madre rimasta sola a festeggiare Natale, l’orgoglio patriottico e le speranze di una ribaltamento delle fortune belliche, la disperazione di chi non ha null’altro da mangiare se non i finimenti di cuoio dei cavalli, ma anche il sollecito di pagamento da parte di un commerciante e l’erogazione di un prestito da parte di una banca. Mittenti e destinatari erano persone illustri, ma anche, soprattutto, persone qualunque. E queste lettere raccontano come, nonostante tutto si cercasse di condurre una vita normale.

Dei migliaia di messaggi, la maggior parte era diretta in Francia. Altri devono invece il proprio fascino alle destinazioni raggiunte dopo l’atterraggio: non solo stati europei (Germania, Italia, Inghilterra), ma anche paesi esotici o al di là dell’Oceano, tanto che si può affermare che la corrispondenza inoltrata durante l’assedio di Parigi abbia veramente toccato gli estremi dei quattro punti cardinali del globo terrestre.

Una lettera diretta a Guadalajara, in Messico, lasciò la Francia con Les Etats Unis il 26 settembre, terzo volo in partenza dalla capitale, costituito da due palloni assemblati tra loro e uniti da una passerella.

Ancora più lontana è invece la destinazione della missiva viaggiata sul Céleste il 30 settembre: Lima, in Perù, raggiunta, via Panama, l’8 dicembre dopo un avventuroso viaggio di oltre due mesi, come testimonia il timbro di arrivo al verso. Altre corrispondenze furono invece recapitate in Sudafrica, Stati Uniti, o in navigazione tra i mari della Cina e del Giappone, come il messaggio recapitato al comandante Regnault de Premesnil.

Verso il Medioriente, in Siria, era infine diretta la lettera spedita il 19 novembre e consegnata dal pallone-postino L’Archimède.

Tutti questi paesi avrebbero potuto essere lo scenario perfetto per un romanzo di Jules Verne che, nei tumultuosi mesi dell’assedio di Parigi, nella sua dimora, villa des Chenes Verts a Cap d’Antibes, lontano dai cannoni e dalle barricate, attendeva alla scrittura del Giro del mondo in 80 giorni. Una singolare coincidenza? Di certo, mentre la fantasia dell’autore correva attraverso i capitoli della sua nuova opera, nella realtà veniva scritto un nuovo, affascinante capitolo della storia dell’aeronautica e della filatelia.

 

Quanto valgono

Il capitolo dei ballons montés consente ai filatelisti di avvicinarsi con un esborso relativamente limitato a un capitolo fondamentale per la storia della posta aerea. Poiché le lettere trasportate furono parecchie migliaia, l’acquisto di una può avvenire anche con poche centinaia di euro di esborso. Esistono tuttavia alcune caratteristiche che, in un ambito di maggiore specializzazione, rendono questi documenti suscettibili di particolare pregio. Generalmente rari sono infatti i bolli aérostiers (in inchiostro rosso) e aéronautes (noti sia in rosso, più raro, sia in azzurro), che attestano la consegna diretta della corrispondenza all’equipaggio; documenti che rechino tali timbri hanno quotazioni che oscillano da alcune a parecchie decine di migliaia di euro.

Particolarmente ricercata e apprezzata è anche la corrispondenza viaggiata su voli detentori di primati, il Neptune, il Général Uhrich, il Ville d’Orléans.

Circa cinquantamila euro, invece, la quotazione dei rari “tentativi di ingresso”, le lettere per Parigi destinate a essere consegnate via ballon monté nella capitale assediata.

Veri e propri pezzi da esposizione sono, infine, le missive indirizzate verso le località più lontane, le cui quotazioni possono oltrepassare il centinaio di euro.

 

Nadar, fotografo dei palloni e dai palloni

Felix Tournachon, detto Nadar (1820-1910), il celebre fotografo parigino, ritrattista di tutto il mondo artistico, politico e letterario francese dell’Ottocento, fu tra i primi ad appassionarsi al volo aerostatico e alle sue applicazioni. Sue sono infatti le prime fotografie aeree della storia, scattate nel 1858 a bordo di una mongolfiera. In seguito Nadar costruì un grande pallone battezzato Le Géant, che fu probabilmente la fonte d’ispirazione per il romanzo dell’amico Jules Verne Cinq semaines en ballon, storia della trasvolata del continente africano.

Nadar

Il pallone Le Géant ritratto dall’aérostier, fotografo, pitore e postino Nadar

Naturale, di conseguenza, che, nei drammatici giorni del conflitto franco-prussiano, il fotografo fosse un convinto sostenitore della necessità di utilizzare i palloni come vero e proprio mezzo di strategia militare.

Il 18 agosto 1870, giorno della battaglia di Saint Privat, un mese prima dell’accerchiamento di Parigi, Nadar redasse la prima costituzione degli Aérostiers che firmò insieme a due amici: Camille Dartois e Jules Duruof (quest’ultimo sarà il pilota proprio del Neptune).

Nella stessa costituzione si fissava presso il suo atelier di Boulevard des Capucines 35 la sede della Compagnie Générale Aérostatique et de l’Autolocomotion Aérienne con l’intento di stabilire

«le premier noyau d’une Compagnie d’aérostiers militaires à l’effet d’utiliser l’aérostation tant comme moyen d’observations que pour l’offensive» (‘il primo nucleo d’una compagnia di aerostieri militari con lo scopo di sfruttare gli aerostati sia come strumento d’osservazione sia per l’offensiva’).

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