Marco Boglione

Marco Boglione

di Domitilla D’Angelo

Coetaneo di Steve Jobs, Bill Gates e di altri ragazzi degli anni Settanta che volevano cambiare il mondo, Marco Boglione è un imprenditore appassionato da sempre di information technology. La sua azienda, BasicNet – proprietaria di marchi come Kappa, Superga e K-Way – è una «fully web integrated company». Classe 1956, Boglione ha creato un network mondiale che distribuisce e commercializza su licenza le collezioni prodotte dalla capogruppo. Ma è anche collezionista o, piuttosto, «non collezionista»: nella BasicGallery, l’archivio storico aziendale, è infatti conservata una delle più importanti collezioni di vintage computer, 500 pezzi di archeologia informatica, fra cui l’Apple1, acquistato nel 2010 per 157mila euro. Nel curriculum imprenditoriale di Boglione c’è però spazio anche per il più “arcaico” mondo della posta: nel 1984 ha fondato la Mototaxi, compagnia per il recapito urgente in città, venduta a Poste italiane nel 1999.

Marco Boglione si definisce noncollezionista, però possiede almeno un’importante collezione…

È un po’ un gioco: mi ritengo più un conservatore che un collezionista. Conservo, con una logica, gli oggetti che hanno avuto un valore nella mia vita, come moto, auto, computer.

In cosa risiede il gusto di noncollezionare?

Nel custodire accuratamente e gelosamente le cose amate, senza pescare fra oggetti che “arrivano da fuori” e senza la sistematicità dei collezionisti.

Nessuna eccezione?

In realtà una collezione l’ho fatta: con i computer che hanno segnato la rivoluzione informatica – per intenderci il decennio 1975-1985 – ho voluto chiudere un cerchio. È una collezione di pezzi che avevo in casa perché li avevo posseduti da giovane, li avevo conservati e li ho “lucidati”; oppure che non mi ero potuto permettere, come l’Apple1, e che ho comprato successivamente. Mettere insieme questi pezzi mi consente di raccontare una bella storia, quella dell’information technology.

Al collezionista serve più fantasia o metodo, più passione o investimento?

Una collezione è come un film: prima te la devi immaginare, poi la realizzi, con il metodo, la professionalità e anche i soldi. Ma la premessa è avere in mente un copione.

Collezionare come conservazione della cultura del passato. Basta come premessa per il futuro?

È condizione necessaria, ma non sufficiente. È come il software dei nostri telefonini: potenzialmente deriva dal codice che girava nell’Apple1. La storia non butta mai via niente, aggiunge e conserva quello che c’era prima.

Perché il collezionista espone i propri pezzi?

Per desiderio di condividere. Non a caso BasicGallery cura tutta quella parte del Temporary Museum Torino (corso Verona 15/c, ndr) dedicato alla rivoluzione informatica, dove tra i numerosi vintage computer della collezione è esposto anche l’Apple1, all’interno di una ricostruzione del garage di Palo Alto dove – quasi quarant’anni fa – venne assemblato da Steve Jobs e Steve Wozniak.

L’Apple1, l’Altair 8800 e le altre macchine che hanno scandito le tappe della rivoluzione informatica e che fanno parte della sua collezione si inseriscono in un più ampio contesto della storia della comunicazione, che data indietro nel tempo, fino alle origini dell’umanità. Mai pensato di percorrere all’indietro questo fil rouge?

Sì, ma non l’ho inventato io. Qualche anno fa il Computer History Museum di Palo Alto, dove tutto ha avuto inizio, ha titolato una mostra “I primi duemila anni di information technology”. Ho domandato: perché duemila anni? Mi è stato risposto: perché di fatto l’information technology l’hanno inventata gli antichi Romani, che avevano un sistema postale così avanzato da recapitare in meno di 48 ore un messaggio da un angolo all’altro dell’impero. Fatte le debite proporzioni, viaggiavano più veloci delle email.

A proposito di recapito postale, come è nata l’idea della Mototaxi?

Mi è venuta in un taxi, a Londra. Ero con la mia prima moglie, dovevamo inventarci un nuovo mestiere e volevamo fare gli imprenditori. Fuori pioveva, e noi dentro non eravamo molto allegri. In quel momento, sotto la pioggia, ci ha superato una moto: sulla schiena il conducente aveva scritto rapid delivery e un numero di telefono. Ho detto a mia moglie: “Ora sappiamo che azienda fonderemo”. Così è nata la Mototaxi, che partendo da Torino in quindici anni si è sviluppata in venticinque città.

Il primi grandi collezionisti sono stati re e imperatori, poi aristocratici e borghesi. Infine, con la possibilità di disporre di maggiore tempo libero dopo il lavoro, collezionare è diventato popolare. Ora che il virtuale è molto reale nella vita di ognuno, ha ancora senso collezionare oggetti fisici?

Senz’altro, anche se nell’arte contemporanea da alcuni anni i collezionisti iniziano ad acquistare i diritti sulle performance, che sono degli intangibili, ma che cominciano ad avere un mercato interessante. Personalmente io ho il primo software della Apple, il Basic: è del tutto intangibile, operativamente non serve più, ma ha grandissimo valore.

Sia Rowland Hill sia Steve Jobs sono stati dei rivoluzionari: innovarono per migliorare. Ma quando nel 1840 Rowland Hill disegnò il bozzetto del Penny Black, non ipotizzava che collezionare francobolli sarebbe diventato un hobby popolare. Mentre Steve Jobs assemblava nel garage di Palo Alto il primo Apple, negli anni Settanta, non pensava, forse, che quella ragnatela di circuiti sarebbe diventato un cult. Come nasce un oggetto da collezione?

Un oggetto diventa da collezione senza volerlo: è l’ambiente, sono le sliding doors a consacrarlo come tale. Faccio un esempio: l’Apple1 non è stato il primo computer, in quel periodo ce n’erano tanti altri, ma fra tutti l’Apple è diventato cult. Allora però chi poteva saperlo?

Come inviterebbe “chi la ama a seguirla” sulla strada del collezionismo?

Collezionare è la conseguenza di capacità di immaginazione e passione. Invito quindi tutti ad avere immaginazione e passione, non per seguirmi nelle mie scelte collezionistiche, ma per fare qualcosa di bello e condividerlo. Il mio invito è di cercare di essere più immaginativi, più creativi, con meno pregiudizi, più trasgressivi, ad avere passioni. E poi dalle passioni può nascere un amore, un’azienda, una collezione…

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