Lombardo-Veneto quasi come l'Austria

Lombardo-Veneto quasi come l’Austria

di Mario de Costantini

Quel 23 aprile 1814 doveva essere un giorno nerissimo per Eugenio di Beauharnais, viceré francese del regno d’Italia napoleonico. Firmando a Mantova la capitolazione, stava suggellando non solo la resa del suo esercito, ma anche la fine di un’epoca che per una breve stagione aveva ridisegnato i confini e i destini d’Europa. L’avventura italiana di Napoleone era davvero giunta al termine. Tre giorni dopo, l’armata austriaca prendeva il controllo del nord Italia. Sarebbe toccato poi al Congresso di Vienna, qualche mese dopo, ratificare l’occupazione, lasciando all’imperatore d’Austria Francesco I d’Asburgo Lorena il diritto di organizzare i territori in un’unica entità politica, formalmente autonoma, ma unita all’Austria nella persona del sovrano. Il 7 aprile 1815 è la nascita ufficiale del Regno Lombardo-Veneto, che univa la Lombardia (che prima di Napoleone era già austriaca), e i territori già veneziani di Bergamo, Brescia e Crema, nonché il Veneto (già della Repubblica di Venezia). I territori – un tempo veneziani – di Istria e Dalmazia, abitati in gran parte da genti italiche, entrarono invece a far parte diretta dell’impero, come il Trentino e Trieste, da secoli asburgici. Il nuovo regno era una creazione artificiale, che condannava quelle regioni al ruolo di silenziosi, passivi domini della casa d’Austria. Lo aveva detto con chiarezza Francesco I agli ambasciatori milanesi del Comitato di reggenza: «voi mi appartenete per diritto di cessione e per diritto di conquista». Gli italiani furono subito esautorati dalle principali cariche politiche e amministrative; gli austriaci governavano soprattutto con polizia, censura e repressione. Tra i patrioti coinvolti, i nomi più famosi sono quelli di Silvio Pellico e Felice Gonfalonieri. L’oppressione portò alle rivolte del 1848, che vide la Prima guerra d’indipendenza, le cinque giornate di Milano e la lunga resistenza di Venezia. Quando le armate di Joseph Radetsky ebbero finalmente ragione dei rivoltosi – mentre sul trono di Vienna sedeva ora Francesco Giuseppe – si istituì di fatto una pesante dittatura militare, che sarebbe durata sino alla liberazione. Nel 1850 il Lombardo-Veneto, con quasi 6 milioni e mezzo di abitanti, era formato dalle due attuali regioni e dal Friuli. La moneta non era quella comune a tutto l’impero, il gulden, diviso in kreuzer (carantani in italiano), ma la lira austriaca divisa in centesimi, che corrispondeva a 0,86 lire sarde. Nel 1858, per questioni finanziarie, la moneta in corso nell’impero venne cambiata, sostituita dal fiorino centesimale. In Lombardo-Veneto, i centesimi erano detti soldi; e un soldo valeva circa tre volte i precedenti centesimi. Nel 1859, dopo gli avvenimenti della Seconda guerra d’indipendenza, il Regno perse la Lombardia; il Veneto e la provincia di Mantova costituirono il Regno veneto, che sarebbe rimasto austriaco fino alla Terza guerra d’indipendenza del 1866.

 

La prima emissione

L’Austria emise i primi francobolli dieci anni dopo il Penny black, il 1° giugno 1850. Era una serie di cinque valori dal soggetto unico, cioè l’aquila bicipite, stemma dell’impero. Fu realizzata in due versioni, ovvero con valore in kreuzer per tutto il territorio salvo che per il Lombardo-Veneto. Lì, infatti, circolava un’altra moneta, e la medesima serie venne perciò replicata con valori in centesimi di lira austriaca. Ogni francobollo esiste quindi in doppia versione, secondo l’equivalenza delle monete: giallo da 5 centesimi (o 1 kreuzer), nero da 10 centesimi (o 2 kreuzer), rosso da 15 centesimi (o 3 kreuzer), bruno da 30 centesimi (o 6 kreuzer), azzurro da 45 centesimi (o 9 kreuzer). Questa particolarità di due emissioni contemporanee in valuta diversa, emesse dalla stessa autorità statale, ha prodotto lo strano e unico caso per cui sia l’Italia sia l’Austria considerano l’emissione del Lombardo-Veneto come parte integrante (e prima emissione) della propria filatelia nazionale. I francobolli, stampati in tipografia, ebbero molte varianti nell’incisione dello stemma (gli specialisti riconoscono diversi tipi), nella filigrana, nella carta (prodotta a mano, a macchina, a coste verticali, vergata), nella composizione delle tavole di stampa e in altre caratteristiche ancora. Tutto ciò fa sì che quest’emissione – e la contemporanea austriaca – sia fra le più classiche, collezionate e studiate della filatelia europea, e nel corso del tempo sono state formate molte importantissime collezioni.

La seconda emissione

Il cambio di valuta del 1858 impose anche il cambio dei francobolli in corso. La nuova emissione uscì il 1° novembre 1858, negli stessi colori della precedente e con il nuovo valore: 2, 3, 5, 10 e 15 soldi. Aveva due importanti novità: la prima era la vignetta, che non raffigurava più lo stemma imperiale, ma il profilo in rilievo dell’imperatore Francesco Giuseppe; la seconda era la dentellatura, che appariva per la prima volta nei francobolli (ma che già esisteva nelle marche da bollo). L’anno seguente la stessa serie fu riproposta con leggere modifiche nel disegno, che lo rendevano più nitido; la più evidente è il fiocchetto sulla nuca imperiale, attaccato ai capelli (mentre prima era staccato). Nel 1862 il francobollo da 3 soldi nero venne riemesso in verde.

Le ultime tre emissioni

Tra il 1861 e il 1862, quando ormai il Regno era ridotto al Veneto, i tagli più usati furono riemessi in nuovi colori – 5 soldi rosso e 10 soldi bruno –con una vignetta più essenziale, senza cornici elaborate e con il profilo imperiale volto a destra anziché a sinistra.

La quarta emissione è del 1° luglio 1863. Cambiò ancora soggetto: nella stessa cornice essenziale su fondo bianco non campeggiava più il profilo di Francesco Giuseppe ma l’aquila bicipite. Cinque i valori, sempre in soldi: 2 giallo, 3 verde, 5 rosa, 10 azzurro e 15 bruno. La dentellatura era troppo fitta e rendeva i fogli fragili, perciò dall’anno successivo i francobolli furono riemessi con dentellatura 9 ½. Era la quinta emissione, l’ultima.

Gli altri valori

La filatelia del Lombardo-Veneto comprende anche 25 diverse buste postali, con il “francobollo” stampato dei modelli del 1861 e del 1863. Inoltre, tradizionalmente, sono collezionati in Lombardo-Veneto anche i francobolli e le marche per giornali (se usati nel regno), anche se non si tratta di emissioni specifiche per il Lombardo-Veneto, ma comuni a tutto l’impero. Dal 1854 furono emesse anche marche da bollo per le varie necessità fiscali. Non avrebbero dovuto essere usate per posta, ma fino al 1857 l’uso fu tollerato. Una ventina di marche di diverso genere sono conosciute usate per posta, e si tratta quasi sempre di grandi rarità.

Non solo francobolli

I francobolli del Lombardo-Veneto venivano annullati da una grandissima varietà di annulli, superiore a quella di qualsiasi altro antico stato italiano. Ci sono i cosiddetti muti, ovvero privi dell’indicazione dell’ufficio, ma con segni grafici (losanghe, cerchi concentrici, rombi, ruote dentate, linee); possono essere lineari, ovvero con la denominazione dell’ufficio – con o senza data – sviluppato su una o due linee, incorniciato in un rettangolo (“in cartella”) o no. Possono essere ovali, oppure a uno, a due o tre cerchi, a cerchio dentato o di altre fogge. Questa varietà, assieme all’alto numero di uffici (più di 250, ognuno dei quali può aver avuto diversi bolli) ha fatto sì che, tra gli specialisti, la raccolta di annullamenti sia popolare quasi quanto quella dei francobolli, e alcune importanti collezioni sono state impostate proprio per annulli. Una particolarità curiosa: quasi tutti i bolli postali del Lombardo-Veneto riportano nella data il giorno e il mese ma non l’anno, causando a volte difficoltà di datazione che non sempre si possono risolvere.

Alcuni grandi collezionisti

Leopoldo e Achille Rivolta, padre e figlio, furono due industriali milanesi: la loro collezione, già nota all’inizio del Novecento, fu incrementata sino agli anni Sessanta. Marco De Marchi fu una grande personalità della Milano d’anteguerra e mise insieme una grande collezione (non solo di Lombardo-Veneto) poi donata al Museo del Risorgimento della sua città. Nel dopoguerra si ricordano Pietro Wuhrer, industriale della birra, il bergamasco Gianluigi Bertoncini, imprenditore nel settore delle candele, Giuseppe Farina, che fu anche presidente del Milan, Pietro provera, impresario edile specializzato nello studio della prima emissione, e, in tempi più recenti, l’ingegnere edile italo-tedesco Emil Capellaro. Oggi, importanti collezionisti sono il romano Ottavio Masi e l’asiaghese Maurizio Stella.

Quanto vale

A seconda del tipo e delle varianti, i francobolli del Lombardo-Veneto hanno quotazioni molto diverse. I francobolli tipo della prime quattro emissioni, nuovi, raggiungono quotazioni elevate, dell’ordine delle migliaia o delle decine di migliaia di euro. L’ultima emissione è invece quotata circa 5mila euro, fior di stampa. Le quotazioni dell’usato sono molto variabili ma sensibilmente inferiori.

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