Chi ha vinto ai Ginnici

Chi ha vinto ai Ginnici

L’emissione del 18 maggio 1951 celebrativa delle Feste e concorsi ginnastici internazionali tenutisi a Firenze dal 15 di quel mese al 2 giugno (e quindi in ritardo sull’inaugurazione) è un esempio di come il collezionismo filatelico abbia influito sulla posta. La manifestazione era importante, quasi una prova generale per dimostrare al mondo che l’Italia poteva benissimo ospitare i giochi olimpici del 1960: furono infatti oltre quattromila i ginnasti, provenienti da venticinque paesi, che parteciparono.

Vecchie abitudini, nuove polemiche

L’idea di favorire i promotori e le attività sportive ripristinando abitudini filateliche d’anteguerra, che persino il regime fascista si era sentito in dovere di mettere al bando, si rivelò decisamente pessima, scatenando polemiche a non finire. Per una volta, non tanto sul bozzetto, firmato da Edmondo Pizzi e Romolo Pierbattista, preciso anche se poco incisivo, recante al centro alcuni attrezzi sportivi (che nessuno si è mai preso la briga di specificare) sormontati da un cartello con il giglio rosso fiorentino e l’acronimo F.G.51 e affiancati da sette coppie di bandierine, indecifrabili a causa della piccolezza e della monocromia, a ricordare la partecipazione di tanti paesi, tra cui Giappone, Stati Uniti e Unione Sovietica. Le polemiche nacquero invece dal fatto che, dopo più di venticinque anni, si tornò alle tirature ridotte, alla cessione di forti quantitativi ai promotori e a una distribuzione limitata a pochi uffici oltre che contingentata. La tiratura fu infatti di 225mila serie complete, senza nemmeno un esemplare in più dei piccoli valori, come si usava allora quando di un normale commemorativo da 20 lire si stampavano circa 2 milioni di pezzi.3-web

La distribuzione

Dei 225mila esemplari stampati, 50mila vennero ceduti agli organizzatori della manifestazione; 125mila andarono alla direzione provinciale delle poste di Firenze, che li fornì in massima parte ai propri sportelli centrali e all’ufficio postale mobile sistemato nelle zone delle gare. Le restanti 50mila serie furono spartite fra l’ufficio filatelico ministeriale e le restanti direzioni provinciali, e nemmeno tutte: intere provincie non ne videro nemmeno l’ombra, in altre si formarono code nei pochi uffici che li vendevano. In pratica solo a Firenze fu possibile ottenere questi francobolli senza troppi problemi, sia nuovi sia con annullo primo giorno o con il bollo speciale dell’ufficio mobile, attivo dal 20 maggio al 2 giugno. Fin dal primo giorno erano però disponibili a prezzo fortemente maggiorato presso il comitato organizzatore, che si premurava anche di fornire «buste speciali o cartoline maximum con la serie completa annullata con il bollo del 1º giorno di emissione o con bollo speciale dell’autofurgone postale ambulante… dietro versamento di 200 lire al pezzo» (dalle Note del mese di Alberto Diena, Il Collezionista, giugno 1951).

Questione di tariffe

In realtà, inizialmente si era pensato di riservare agli organizzatori solo buona parte di un unico valore dei tre tagli previsti per l’emissione – 5, 20 e 55 lire (corrispondenti alla tariffa stampe e a quella della lettera per l’interno e per l’estero). In effetti tutte le emissioni celebrative dell’epoca avevano almeno un valore, se non l’unico, in tariffa lettere. Solo in un secondo tempo si decise di favorire ancor più il Comitato olimpico nazionale italiano e la Federazione ginnastica d’Italia – le cui sigle figurano nei francobolli – limitando fortemente la tiratura e cedendone loro quasi un quarto. E fu per questo che si ridussero due dei valori facciali: poiché quanto destinato ai promotori – 50mila serie e non, come si era pensato in un primo momento, la quasi totalità – doveva essere pagato al facciale: invece che 4 milioni di lire gli interessati ne pagavano così solo 1 milione e mezzo. I nuovi tagli avevano comunque una logica in linea con la manifestazione, dato che il 10 lire serviva ad affrancare una cartolina illustrata per l’estero e il 15 lire una cartolina postale per l’interno.

Questione di durata

Nelle intenzioni si fece anche un altro favore al Comitato, limitando la validità di questi francobolli fino al 16 giugno. Così gli organizzatori avrebbero atteso solo un mese prima di recuperare i loro soldi con gli interessi. Solo che la regola degli anni Venti di attendere il fuori corso prima di far concorrenza all’ufficio filatelico era stata nel frattempo dimenticata, e il Comitato iniziò a vendere fino dal primo giorno di emissione. E fu comunque un fuori corso completamente disatteso: dato che all’epoca la validità dei commemorativi era di almeno un anno (quelli emessi entro giugno perdevano di validità il 30 giugno dell’anno seguente, i successivi il 31 dicembre dell’anno dopo), gli uffici postali continuarono a venderli, usarli e accettarli per vari mesi, fino a esaurimento. Anzi, fu proprio dopo il 16 giugno 1951 che, finite le polemiche e il conseguente interesse, se ne ebbe il maggior impiego per effettivo uso postale, anche su raccomandate. Il bello è che tutta questa sfilza di eccezioni a favore dello sport hanno non solo generato polemiche portando al definitivo abbandono di simili pratiche, ma anche generato risultati del tutto opposti a quelli previsti. Infatti la pur bassa tiratura non ha portato a forti aumenti di prezzo della serie, almeno allo stato di nuovo (circa 200 euro); se con annullo genuino la stessa usata vale oltre dieci volte tanto. Mentre i singoli esemplari usati su corrispondenze regolarmente viaggiate, da soli o con altri francobolli ordinari o celebrativi, in periodo di validità o anche dopo, sono diventati delle vere gemme della collezione di Repubblica, contesissime ogni volta – e non sono molte – che compaiono in asta. Così come il raro caso del 5 lire, che in alcuni casi fu emesso senza la stampa del giglio in rosso. A dimostrazione che in filatelia i pezzi più preziosi non si costruiscono, semplicemente avvengono.

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