A Firenze posta, fango e acqua

A Firenze posta, fango e acqua

di Marco Occhipinti
Dall’alluvione di Firenze, cinquanta anni fa, e da quelli del Polesine e del Piemonte storie di bolli, francobolli e franchigie

Con il francobollo emesso il 4 novembre, l’Italia ha riconosciuto un tributo agli “angeli del fango”, i giovani accorsi dall’Italia e dall’estero per aiutare i fiorentini colpiti dallo straripamento dell’Arno nell’opera di recupero di opere d’arte e libri antichi. L’espressione fu coniata dal giornalista Giovanni Grazzini nell’articolo Si calano nel buio della melma, uscito il 10 novembre 1966 sul Corriere della sera: «Chi viene, anche il più cinico, anche il più torpido, capisce subito  che d’ora innanzi non sarà più permesso a nessuno fare dei sarcasmi sui giovani beats. Perché questa stessa gioventù oggi ha dato un esempio meraviglioso, spinta dalla gioia di mostrarsi utile, di prestare la propria forza e il proprio entusiasmo per la salvezza di un bene comune. Onore ai beats, onore agli angeli del fango»

L’alluvione di Firenze

A fine ottobre 1966 in Toscana iniziò a piovere molto. Le precipitazioni continuarono anche i primi giorni di novembre e sugli Appennini cadde la neve. Fonogrammi inviati a Roma per segnalare il pericolo imminente di possibili esondazioni furono sottovalutati. Nel pomeriggio del 3 novembre il livello dell’Arno crebbe con rapidità e, contemporaneamente, l’aumento di alcuni gradi della temperatura fece sciogliere la neve accumulata in quota: l’Arno e i suoi affluenti aumentarono ulteriormente la portata. In serata a Firenze si seppe che l’Arno aveva rotto gli argini nel Casentino e nel Mugello. A mezzanotte era esondato nel Valdarno superiore, aveva inondato Montevarchi, Figline e i comuni limitrofi, tagliando l’autostrada del Sole e la linea ferroviaria. Alle 2.30 il fiume oltrepassò gli argini in città, intorno alle 7 del mattino del 4 novembre, ceduta la spalletta di piazza Cavalleggeri, le acque raggiunsero la Biblioteca nazionale centrale e il quartiere di Santa Croce, per iniziare a ritirarsi solo 13 ore dopo. La coincidenza con il 4 novembre, allora festa nazionale, contribuì a contenere il numero delle vittime, 17 a Firenze e 18 nella provincia.

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Gravi le ferite anche al patrimonio artistico, con il Crocifisso di Cimabue, conservato nella basilica di Santa Croce, fra le vittime più illustri. Migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti e rare opere a stampa, furono ricoperti di fango nelle varie sale della Biblioteca nazionale centrale. In uno spontaneo slancio di generosità, spinti dal desiderio di rendersi utili, migliaia di giovani giunsero a Firenze da tutto il mondo per recuperare quel patrimonio artistico e culturale che, pur appartenendo materialmente a Firenze, veniva considerato un bene dell’umanità. Distrutti o danneggiati anche seimila attività commerciali, tra i quali tredici negozi di filatelia e due studi.

 

Il ripristino delle comunicazioni postali


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Lettera inedita, inviata il 6 o l’8 novembre 1966 da Firenze in città. Non affrancata né tassata, fu tollerata forse per la dicitura manoscritta zona colpita. Al momento, è l’unico pezzo noto di questo tipo

Come dopo altri disastri naturali (IC 10.16 pp. 4-9), anche in occasione delle inondazioni il ripristino delle comunicazioni postali è una priorità. A Firenze l’esenzione dall’affrancatura non fu concessa per decreto, perché gli uffici postali ripresero la propria attività in tempi rapidi. Le lettere non affrancate e inviate in quei giorni furono tollerate e non tassate, ma probabilmente più per l’accondiscendenza di singoli impiegati. In occasione dell’alluvione del Polesine, la franchigia invece fu applicata. Dopo forti precipitazioni, alle ore 19.30 del 14 novembre 1951 il Po era tracimato a Gualtieri e per sei giorni, fino al 20 novembre, il Polesine, la provincia di Rovigo e parte di quelle di Mantova e Venezia, furono allagate: si contarono 80 vittime e 160mila sfollati. Con il decreto legge n. 1184 del 20 novembre 1951, agli alluvionati furono riconosciute «le stesse provvidenze previste per i profughi di guerra, tra cui la posta in esenzione di tassa». La franchigia – caso unico al mondo noto in occasione di un alluvione – , mantenuta fino a marzo 1952, era attestata da bolli di diverse fogge: quello del comune alluvionato, altri in gomma, oppure quelli ovali con le diciture Poste italiane, Croce rossa italiana, alluvionati, sinistrati, centro profughi, o anche dalla sola dicitura manoscritta.

 

L’articolo, con la riproduzione di francobolli e documenti postali anche delle alluvioni del Polesine, del Piemonte e all’estero, è pubblicato integralmente sul numero di novembre del Collezionista

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