Gaia Gaja

Gaia Gaja

di Daniela Petrone

Nel suo nome il nome di un brand che è sinonimo di made in Italy. Gaia Gaja, 35 anni, è la figlia d’arte di Angelo Gaja, piemontese, contadino e intellettuale, “signore” del barbaresco. La donna più influente del vino italiano nel mondo – come l’ha definita la rivista inglese specializzata The Drinks Business –, dopo gli studi di economia in California, ha assunto responsabilità direzionali nella azienda di famiglia occupandosi delle tenute in Toscana, 27 ettari a Montalcino e 110 ettari a Bolgheri, e collaborando con il padre nelle terre del Barbaresco. Qui racconta la sua filosofia sul vino e sul collezionismo di bottiglie pregiate.

Vino e francobolli: passioni più di testa o di cuore?

Di testa, cuore, gola per quanto riguarda il vino.

Un francobollo è di qualità cento per cento se con il passare del tempo si conserva come quando era stato prodotto. Come si misura la qualità di un vino pregiato?

A differenza dei francobolli, che, inseriti in collezione, ci rimarranno, il vino può essere collezionato con varie filosofie. C’è chi colleziona per motivi speculativi e chi per poterlo bere negli anni a venire, quando avrà raggiunto una complessità che solo l’attesa può dare. Infatti i grandi vini hanno un’anima, quella specifica del territorio da cui provengono. L’anima di un vino, per quanto bella, sarà sempre superficiale in giovane età, ma con gli anni acquisterà complessità, profondità e multidimensionalità. Con il tempo il vino assume più valore non solo in termini economici, ma anche qualitativi. Sta poi al collezionista decidere di quale valore avvalersi.

In filatelia ci sono francobolli autentici, falsi, contraffatti, ritoccati… Come ci si protegge dalle frodi e dalle contraffazioni nel mondo del vino? Esiste una sorta di expertise o certificato di autenticità sulle bottiglie da collezione?

Nella maggior parte dei casi, nel mondo del vino la truffa è realizzata con bottiglie pregiate e originali riempite di un vino di qualità inferiore, oppure rietichettando bottiglie di vini poco pregiati con etichette di vini più importanti. Capire se una bottiglia è stata manomessa può essere più o meno facile; difficile è capire se una bottiglia, anche originale, è in buone condizioni, se è stata mantenuta sempre alla giusta temperatura. È importante avere un fornitore di cui potersi fidare, a cui chiedere la tracciabilità della bottiglia, non acquistare bottiglie pregiate da soggetti improbabili e instaurare un legame stretto e di fiducia con un numero ristretto di fornitori.

A maggio dell’anno scorso, suo padre Angelo Gaja identificava una delle cause del calo del consumo del vino in Italia nella confusione fra la funzione alimentare del vino, che va esaurendosi, a favore di quella edonistica. Anche per i francobolli la loro originaria funzione postale si sta perdendo (si scrive e si affranca sempre meno), mentre rimane, ancora forte, quella collezionistica. Dove porteranno queste trasformazioni?

Continuerà un generale e costante calo dei consumi di queste due categorie merceologiche, dal momento che cambia la loro funzione. Con l’aumento della qualità della vita però si rafforzerà anche il numero degli appassionati e quindi un uso edonistico.

Nel consumo dei vini così come nel collezionismo filatelico, come conciliare il prodotto di nicchia e di alta qualità con la necessità di ampliare la base dei fruitori?

Gli artigiani che realizzano prodotti di pregio sono sognatori in sintonia con la loro terra, professionisti che inseguono una loro particolare e individuale idea, imprevedibile, commercialmente rischiosa e per la quale ancora non esiste neanche un mercato…. Possono scoprire potenzialità nascoste del loro settore. Per questo motivo, il prodotto di alto artigianato e di nicchia è spesso fonte d’ispirazione per nuovi stili e filosofie di produzione che, una volta dimostratesi di successo, vengono accolte anche dal resto dell’industria.

Quale è il profilo del collezionista di vini pregiati? Sono più gli speculatori o gli appassionati?

È anche una questione geografica: più spesso il collezionista asiatico è speculatore, tant’è che per gli acquisti si affida più a un consulente che non al proprio palato; il collezionista statunitense o svizzero invece al contrario è sovente un collezionista consumatore.

Le nuove forme di comunicazione impongono trasformazioni sia al mondo dei francobolli sia a quello del vino. Come risponde Gaja a queste sfide?

La nostra forma di comunicazione più importante è il nostro prodotto. Non siamo presenti attivamente sui social network e non abbiamo un sito internet.

Esiste una collezione Gaja? Quale è il pezzo più pregiato? E quello a cui lei è più legata?

Ogni generazione della mia famiglia è identificabile attraverso un’etichetta diversa. È significativa l’etichetta utilizzata da mio bisnonno Angelo Gaja per il barbaresco fino al 1937 e l’etichetta del barbaresco che mio nonno Giovanni Gaja cambiò nel 1937. Dal 1961, con l’arrivo di mio padre in azienda, sono nate nuove etichette. Sono particolarmente affezionata al barbaresco Infernot 1964 e 1967 – si tratta di una riserva che realizzammo per queste annate eccezionali –, al Barbaresco 1989 (uno dei miei preferiti della mia cantina) e allo speciale e raro Sorì San Lorenzo 1967, prima annata prodotta.

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