Francobolli Regno di Napoli

I francobolli rosa del Regno di Napoli

No al tricolore, siamo borbonici: i francobolli rosa del Regno di Napoli tra saggi, prove e falsi

di Mario de Costantini |

Storia antica e travagliata quella del Regno di Napoli, le cui origini risalgono al Duecento. La rivolta dei Vespri siciliani del 1282 contro il dominio vessatorio del francese Carlo d’Angiò suddivise in due parti il Regno di Sicilia: l’isola andò agli Aragonesi spagnoli, la parte continentale rimase sotto controllo angioino. Decenni di guerre e rivalità fra le due case terminarono solo nel 1372, quando Giovanna d’Angiò e Federico IV di Sicilia riconobbero l’esistenza dei due regni.

Nel 1534 quello di Napoli fu conquistato dalla Spagna, che istituì un vicereame ed esercitò un dominio diretto. Per un breve periodo nel Settecento fu austriaco, per ritornare alla Spagna nel 1734 con la reggenza di Carlo di Borbone, sovrano abile e modernizzatore, che introdusse un nuovo e più equo sistema tributario, un nuovo codice civile, riforme economico-commerciali e una grandiosa politica di edilizia pubblica e monumentale, di cui l’esempio più noto è la reggia di Caserta.

Nel 1767, alla morte di suo padre, il re di Spagna, andò a Madrid ad assumere quel trono, lasciando quello di Napoli al figlio Ferdinando IV di Borbone, che con il nome di Ferdinando III era anche re di Sicilia. Effimera la vicenda della Repubblica napoletana da gennaio a maggio 1799, quando il sovrano si rifugiò in Sicilia, come durante il periodo napoleonico, quando il Regno di Napoli fu governato da Giuseppe Bonaparte (1806-1808) e poi da Gioacchino Murat (1808-1815), marito della sorella di Napoleone.

Inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici (1839)

Inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici (1839)

Il Congresso di Vienna ridiede il trono a Ferdinando e sancì l’unione dei due Regni di Napoli e di Sicilia, pur con amministrazioni diverse nei domini continentali («al di qua del faro» di Messina) e in Sicilia («al di là del faro»). Ferdinando, ora re delle Due Sicilie, assunse l’ordinale “I”: tentò una timida politica liberale, ritrattata dopo l’intervento austriaco per i moti del 1821. Nel 1825 gli succedette il figlio Francesco I, seguito nel 1830 da Ferdinando II.

Il nuovo monarca seppe darsi un ruolo autonomo nel concerto europeo e riuscì ad ammodernare la macchina burocratica; concesse una costituzione nel 1848 per poi revocarla; attuò una stretta assolutista e represse la rivolta di Messina bombardando la città, guadagnandosi così l’appellativo di “Re bomba”. Negli anni Cinquanta la parte continentale del Regno (85mila chilometri quadrati) era abitata da circa 7 milioni di persone, di cui più di 400mila nella capitale, Napoli, che era così una delle più popolose città d’Europa e la maggiore d’Italia. La moneta era il ducato, che valeva 4,24 lire italiane ed era diviso in 100 grana; ogni grana era formato da 2 tornesi.

ferrovia napoli-portici francobollo apertura

La ferrovia Napoli-Portici, inaugurata nel 1839

I francobolli: proposte e saggi

Nei decenni precedenti, il Regno delle Due Sicilie si era distinto per alcuni primati tecnologici: napoletano il primo battello a vapore del Mediterraneo, nel 1818, e napoletana la prima ferrovia italiana, nel 1839. Quando, nel 1840 in Gran Bretagna, fu emesso il Penny Black, a Napoli già l’anno dopo un privato, l’architetto di origine svizzera Amy Autran, ne propose l’introduzione. La sua proposta, però, venne presa in considerazione solo otto anni dopo, nel 1849, quando, andando in viaggio in Gran Bretagna, Autran ricevette l’incarico di far preparare saggi di francobolli. L’architetto eseguì l’incarico, ritornando con un saggio accuratamente stampato in calcografia su carta bianca di grande qualità e gessata al recto, pare da Cave, un’azienda di Manchester, su disegno di un tal George Housman Thomas. Il saggio raffigurava il profilo del sovrano volto a sinistra con una corona d’alloro in un ovale; sulla cornice dell’ovale le diciture posta e grana due; ai quattro angoli del francobollo i gigli borbonici. Sono noti in quattro colori diversi: nero, celeste grigio, verde oliva e bruno rosso. Nel 1853 il progetto non si era ancora concretizzato; quell’anno Autran lasciò Napoli e, senza più patrocinatori, l’idea cadde.

Francobollo Saggio Regno di Napoli Autran

Il primo saggio in calcografia di Autran (1849)

L’emissione

Nel frattempo, tutti gli altri stati italiani avevano emesso francobolli e solo il Regno delle Due Sicilie non si era ancora adeguato alla novità. Quando lo fece, l’adottò inizialmente nella parte continentale (che i filatelisti oggi chiamano “Napoli”), e solo l’anno dopo in Sicilia.

A Napoli l’emissione avvenne il 1° gennaio 1858. Si trattava di sette valori (1-7) con un soggetto unico, e cioè lo stemma del regno: tripartito, mostrava il cavallo sfrenato napoletano, la Trinacria siciliana e i gigli borbonici. La cornice dello stemma era però diversa nei valori, rendendo così l’emissione varia: tonda, quadrata, ottagonale, esagonale, romboidale, ovale. Sulle cornici correva la scritta bollo della posta napoletana e il valore in grana; la moneta era abbreviata in g. oppure gra. Gli importi erano ½, 1, 2, 5, 10, 20 e 50 grana.

Francobolli Regno di Napoli

La serie godeva di una particolarità unica: tutti i valori erano dello stesso colore, un rosa con varie sfumature, dal carminio al brunastro al chiaro. Si era voluto così per evitare che si potesse comporre il tricolore bianco-rosso-verde. La stampa fu realizzata in calcografia, in fogli da 200 francobolli in due gruppi da 100. Incisore e primo stampatore fu Giuseppe Masini, che per vezzo o per motivi di sicurezza antifalsificazioni inserì in basso in ogni francobollo minuscole lettere che componevano il suo nome: G, M, A, S, I, N, I.

Masini iniziali francobolli Napoli

Giuseppe Masini, incisore e primo stampatore dei francobolli di Napoli, inserì in ogni francobollo minuscole lettere che componevano il suo nome: semplice vezzo o efficace rimedio antifalsari?

La carta utilizzata era bianca e porosa, prodotta dalla ditta di Bonaventura Tajani di Vietri (Salerno), filigranata con 40 gigli borbonici, la scritta bolli postali fra fregi sui quattro lati e, in basso a sinistra, il monogramma BT, iniziali del produttore. Esistono francobolli senza filigrana, così come con filigrana capovolta, invertita o capovolta e invertita.

Dopo la prima fornitura, Masini non ottenne il rinnovo del contratto, perché l’amministrazione gli preferì i più economici Gaetano e Gennaro De Masa, padre e figlio. Masini aveva preparato le tavole di tutti i valori, e una seconda tavola del 2 grana, il valore più usato. I De Masa prepararono una seconda tavola dei valori da ½, 1, 5, 10 e 20 grana, e la terza del 2 grana. Gli specialisti sono in grado di riconoscere le differenti tavole adoperate per la stampa, e alcuni valori hanno quotazioni sensibilmente differenti a seconda della tavola.

Quasi tutti i valori sono noti su carta sottile con stampa semitrasparente, con stampa recto-verso, con doppia stampa, con incisioni multiple o con stampa smossa. Sono conosciute anche coppie di francobolli non correttamente allineati. Un ricco insieme di varietà che permette l’allestimento di interessanti collezioni specializzate.

Un altro aspetto particolare della collezione di Napoli è quello dei falsi per frodare la posta, che riguardarono i valori da 1, 2, 10 e 20 grana: furono così tanti che si pensa che i falsari agissero con la complicità degli stessi impiegati postali. Il francobollo da 20 grana, in particolare, fu falsificato in così grande quantità da detenere un singolare primato filatelico internazionale: è l’unico caso in cui il falso per posta è più comune dell’originale.

Masini Saggio litografico francobolli NapoliGli ultimi saggi

Giuseppe Masini, che si vide estromesso dal lavoro, pensò di recuperarlo proponendo un nuovo francobollo stampato con il più economico sistema litografico e nel giugno 1858 preparò un nuovo disegno, molto simile al precedente, con cui fece stampare i diversi valori in vari colori. Purtroppo per lui, un operaio incaricato della stampa sottrasse un francobollo da 5 grana e lo usò per spedire una lettera, che fu scoperta. Partì un procedimento penale e Masini finì definitivamente in cattiva luce: non avrebbe mai più prodotto francobolli. Nel frattempo, nel maggio 1859 re Ferdinando II morì e gli succedette il figlio Francesco II. Sarebbe rimasto sul trono solo pochi mesi, cacciato da Garibaldi e dall’unità d’Italia.

Quanto vale

I francobolli di Napoli sono rari e piuttosto costosi allo stato di nuovo – la serie, non linguellata, può valere oltre 100mila euro (ma la qualità media è pari al 30%) – meno se linguellati, usati o su documento intero. Fa eccezione il 50 grana, un alto valore di grande pregio nuovo (quasi 30mila euro linguellato) ma ancora più su lettera: è nota una sola quartina nuova, conservata alla British Library e un centinaio di lettere. La serie completa, con tracce di linguella, ha un prezzo di catalogo di oltre 75mila euro. I saggi Thomas valgono poche migliaia di euro, i Masini da 700 a 2.000.

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