Il coniglio nel cappello

Il coniglio nel cappello

di Domitilla D’Angelo |

Chi ha il coniglio nel cilindro lo tiri fuori. Questo è il momento giusto. Dopo anni di geremiadi, qualcosa si muove. I segnali ci sono: i collezionisti fanno più comunità, anche tramite canali non convenzionali; i giornalisti riflettono su nuove modalità per comunicare in modo fresco e moderno l’oggetto francobollo; i commercianti, affacciati su un mercato che non scoppietta più, studiano strategie per portare i francobolli fuori dai soliti luoghi; gli editori hanno messo a fuoco il reale andamento del mercato.

La diagnosi, per quanto superficiale, per tutti è la stessa: la filatelia italiana, così come è, non è più gioiosamente florida ma, gracile e cagionevole, ha bisogno di un infuso vitaminizzante. Noi lo sappiamo, il francobollo ha un potenziale altissimo: come pochi sa raccontare storie appassionanti, fa divertire e conserva valore. Ma gli altri cosa pensano? L’oggetto che passava per le mani di tutti ­ da sovrani a persone umili – ora è considerato un intrattenimento per bambini (nella migliore delle ipotesi), un passatempo polveroso (nella peggiore). E noi questo non lo vogliamo.

Il francobollo ha una certa età e ha bisogno di una rispolverata al proprio look per tornare a essere uno status symbol, a piacere, incuriosire, parlare a chi – giovanissimi, giovani e meno giovani – non lo conosce.

Per “riposizionarlo” forse si può trarre ispirazione dall’estero, dove i francobolli sono esteticamente più belli e i soggetti ammiccano. Si sa, l’erba del vicino è sempre più verde… Ma è poi vero? Negli Stati Uniti, per esempio, è caccia aperta al Jenny-non-capovolto emesso l’anno scorso e c’è chi si è spinto a offrire 25mila dollari per un foglietto che di facciale ne costa 12. Una rarità artefatta è davvero una terapia? aiuta il collezionismo o serve solo alle amministrazioni postali a far cassa? E poi, è proprio vero che là le cose vadano bene? che non ci sia un calo di interesse? Pare difficile.

Qualcosa qui da noi comunque si muove, si diceva. Ed è un bene. La convocazione degli stati generali della filatelia, riuniti a Roma il 21 gennaio, suonava un po’ come una chiamata alle armi. E forse è davvero così. Probabilmente – ma lo si scoprirà nei prossimi mesi – non tireranno fuori il coniglio dal cilindro, la formula magica forse davvero non esiste. Ma non è già positivo che le teste pensanti della filatelia organizzata si siano messe attorno a un tavolo per elaborare una strategia comune? Intanto, però, se qualcuno il coniglio nel cilindro ce l’ha davvero, lo tiri fuori.

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